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studi veneziani N. S. LI (2006) PISA · ROmA FABRIZIO SERRA · EDITORE mmvII FONDAZIONE GIORGIO CINI onlus san giorgio maggiore · venezia * Direttore scientiico : Gino Benzoni * Registrazione del Tribunale di Pisa n. 9 del 10.4.1985 Direttore responsabile : Gilberto Pizzamiglio Dorit Raines Strategie d’aSceSa Sociale e giochi di potere a Venezia nel Seicento : le aggregazioni alla nobiltà L a comoda deinizione di ‘costituzione veneziana’ qualiica quell’insieme di norme che nel corso dei secoli ha codiicato il modus vivendi degli abitanti della laguna e che già nel 1297 ripartiva la società lagunare in cinque gruppi sociali distinti per doveri e privilegi : 1 i patrizi che sedevano in Maggior consiglio, i cittadini originari a cui spettavano cariche rilevanti nell’amministrazione della repubblica ; i cittadini de intus et extra, abilitati all’esercizio del commercio internazionale e all’ingresso in alcuni uYci minori ; i cittadini de intus aventi diritto al commercio ; e, inine, i popolani. 2 tale struttura sociale irrigiditasi nei secoli specialmente attorno agli status nobiliare e cittadino che, a partire del xvi sec., 3 richiedevano prove d’età, ricalcava in un certo senso (almeno agli occhi dei Veneziani) l’idea d’ordini sociali di matrice feudale, dove ciascun ordine aveva compiti ben determinati all’interno della società. 4 la storiograia veneziana, sia quella della repubblica, sia buona parte di quella mo* desidero ringraziare giuseppe gullino e Mario infelise per i loro commenti e le utili osservazioni. 1 Uso l’espressione ‘gruppo sociale’ al posto del termine ‘ordine’ che sarebbe ingannevole : quest’ultimo potrebbe ricomprendere forse solo la nobiltà per ragioni di status giuridico, di assenza di mobilità sociale verticale ascendente da parte di gruppi inferiori e discendente da parte dei propri membri. Sarebbe diYcile sostenere lo stesso argomento per quanto riguarda i cittadini originari, un gruppo che godeva di uno status giuridicamente deinito, ma che lasciava ai popolani possibilità di diventare membri di questo gruppo. Sul lungo dibattito circa il concetto di ‘ordine’ e i suoi signiicati, vedi r. Mousnier, J.-p. Labatut, Y. Durand, Problèmes de stratiication sociale. Deux cahiers de la noblesse (1649-1651), paris, presses Universitaires de France, 1965 ; J. Batany, p. Contamine, b. Guenée, J. Le Goff, Plan pour l’étude historique du vocabulaire social de l’Occident médiéval, in Ordres et classes, colloques d’histoire sociale, Saint-cloud, 24-25 mai 1967, a cura di c. e. labrousse, d. roche, paris-la haye, 1973, pp. 87-89 ; J. Georgelin, Ordres et classes à Venise aux xviie et xviiie siècles, in Ordres et classes, cit., pp. 193-197 ; l. Dumont, Homo hierarchicus. Le système des castes et ses implications, paris, Éditions tel gallimard, 1979, e più recentemente, p. Burke, The language of orders in early modern Europe, in Social Orders and Social classes in Europe since 1500 : Studies in Social Stratiication, a cura di M. l. bush, london-new York, longman, 1992, pp. 1-12. 2 a Venezia esistevano tre ceti distinti : l’ordine dei patrizi, il ceto cittadino e i popolani. Ma quando si parla di gruppi sociali la situazione sembra più complessa : le leggi disegnano i contorni giuridici dell’ordine dei nobili e le prerogative del ceto cittadino, ma essendo quest’ultimo diviso tra cittadini con ristretti privilegi e quelli con pieni diritti, non credo si possa considerarli come appartenenti allo stesso gruppo sociale : un ricco mercante che si trova al vertice delle Scuole grandi o un cancellier grande non appartengono allo stesso gruppo sociale di un piccolo mercante proprietario di una bancarella di salumi vicino a rialto. la legge potrebbe metterli sullo stesso piano giuridico, ma la loro strategia d’ascesa sociale sceglierà come obiettivo famiglie di status sociale diverso. Sui gruppi di cittadini originari e le leggi promulgate relative ai loro diritti, a. Bellavitis, Identité, mariage, mobilité sociale. Citoyens et citoyennes à Venise au xvie siècle, roma, École française de rome, 2001, pp. 32-63, 355 ; a. Zannini, Burocrazia e burocrati a Venezia in età moderna : i cittadini originari (sec. xvi-xviii), Venezia, istituto Veneto di Scienze, lettere ed arti, 1993, pp. 11-13. 3 per i nobili – a partire dal 1506 e per i cittadini – a partire dal 1569. Vedi S. Chojnacki, Identity and Ideology in Renaissance Venice. The Third Serrata, in Venice Reconsidered. The History and Civilization of an Italian City-State, 12971797, a cura di J. Martin, d. romano, baltimore-london, the Johns hopkins University press, 2000, pp. 263-294 ; M. Casini, La cittadinanza originaria a Venezia tra i secoli xv e xvi. Una linea interpretativa, in Studi veneti oVerti a Gaetano Cozzi, Venezia, il cardo, 1992, pp. 133-150. 4 così si esprime nel 1530 il cardinale G. Contarini, Della Repubblica et Magistrati di Venetia, Libri v., Venetia, presso aldo, 1591, p. 107 : « con non disegual ragione il sommo governo delle cose nella republica Vinitiana è imposto a gentilhuomini come a certi occhi della città, gl’uYci più ignobili agli altri del popolo, e così come ben congiu[n]to corpo, i Vinitiani vivono felicissimamente [...]. i nostri maggiori, ad imitatione della natura, hanno proveduto all’uno, e all’altro incommodo, e vi hanno prestata quella moderanza che niuno, se non sia più che maligno, potrà bia- 280 dorit raines derna, ha considerato gli episodi di mobilità sociale, vale a dire il passaggio giuridico da un ordine ad uno superiore, e specialmente le aggregazioni al patriziato, come momenti di rottura rispetto all’andamento sociale ‘naturale’. 5 Solo recentemente gli studi di Stanley chojnacki sul patriziato nel trecento, di reinhold c. Mueller su espressioni di status sociale a Venezia e di anna bellavitis e andrea zannini sulla classe media lagunare hanno introdotto sfumature importanti circa il concetto di mobilità sociale. 6 Si è così dimostrato che malgrado i tentativi di sbarramento di tutte le strade che potevano consentire l’elevazione sociale, la parte più agiata della classe cittadina, per quanto molto eterogenea per origini e interessi, sviluppò dei meccanismi di pressione volti ad ottenere l’ammissione all’interno della classe dirigente. 7 Metodologicamente, aVrontare solo il momento di passaggio da uno status sociogiuridico a un altro e ambientarlo in un contesto di un favore concesso dall’autorità al suddito meritevole signiica reiterare il mito che il patriziato veneziano voleva diVondere. invece, tralasciare gli aspetti giuridici e considerare il contesto generale della questione in cui operavano forze economiche, sociali, psicologiche che, arrivando alla loro potenzialità e maturazione, sapevano cogliere le occasioni per tradurre la loro forza socio-economica in termini di elevazione dello status sociogiuridico, può contribuire meglio alla nostra comprensione della complessità dei rapporti sociali e dei meccanismi di mobilità sociale. 8 in questo saggio mi propongo di tornare su uno dei momenti più signiicativi della storia della mobilità sociale a Venezia – le aggregazioni di nuove famiglie durante la guerra di candia (1645-1669) e la guerra della Morea (1684-1699) – per veriicare la vera distanza che esisteva a Venezia tra ascesa sociale 9 e mobilità sociale. 10 già nel passato è stato sostenuto, senza gli indispensabili riscontri, che le aggregazioni della guerra di candia, evento congiunturale perché collegato alle necessità inanziarie della guerra, costituivano in realtà la maturazione di un processo già in atto da qualche decennio determinato dal calo demograico in atto nelle casate patrizie e dall’impoverimento di una parte di esse. 11 Un’ipotesi di ammissione di un certo simare un cosi legitimo, come ottimo ordine ». Vedi anche l’analisi della visione del patrizio giannantonio Muazzo nella seconda metà del Seicento in a. Zannini, La presenza borghese, in Storia di Venezia dalle origini alla caduta della Serenissima, vol. vii, La Venezia barocca, a cura di g. benzoni, g. cozzi, roma, istituto della enciclopedia italiana, 1997, pp. 229-230. 5 peter burke ha correttamente identiicato tali processi storiograici come un ricorso all’« idolo della legalilità » (« idol of legalism »). Secondo burke i comportamenti sociali non possono essere spiegati solo in termini giuridici. Burke, The language of orders, cit., p. 8. Sulla stratiicazione e la mobilità sociale nel Seicento in un’ottica culturale, p. Jeannin, Attitudes culturelles et stratiications sociales : rélexions sur le xviie siècle, in Niveaux de culture et groupes sociaux. actes du colloque réuni du 7 au 9 mai 1966 à l’École normale supérieure, paris-la haye, Mouton & co., 1967, pp. 67-137. 6 S. Chojnacki, In Search of the Venetian Patriciate : Families and Factions in the Fourteenth Century, in Renaissance Venice, a cura di J. hale, london, Faber & Faber, 1973, pp. 47-90 ; Idem, La formazione della nobiltà dopo la Serrata, in Storia di Venezia dalle origini alla caduta della Serenissima, vol. iii, La formazione dello Stato patrizio, a cura di g. arnaldi, g. cracco, a. tenenti, roma, istituto della enciclopedia italiana, 1997, pp. 641-725 ; rh. c. Mueller, Espressioni di status sociale a Venezia dopo la ‘serrata’ del Maggior Consiglio, in Studi veneti oVerti a Gaetano Cozzi, cit., pp. 53-61 ; Zannini, La presenza borghese, cit., pp. 225-272 ; Bellavitis, Identité, mariage, mobilité sociale. 7 per ‘inserimento’ si intende la penetrazione di un altro gruppo sociale attraverso meccanismi come il matrimonio, la partecipazione alle istituzioni cittadine, i legami professionali con i membri del gruppo al quale si desidera appartenere. l’‘ammissione’ è invece l’accoglimento formale nei ranghi di un’altra categoria sociale. 8 rimando in questo contesto alle osservazioni di Zannini, La presenza borghese, cit., pp. 266-267, che ritiene superata la visione della società veneziana come statica. 9 intesa in termini di valorizzazione di attributi sociali come matrimoni con classi superiori, carriere prestigiose o percorsi istituzionali fuori dello Stato veneziano e l’attribuzione dei titoli nobiliari da parte di principi esteri. 10 intesa in senso giuridico, e cioè il passaggio all’ordine nobiliare. 11 a. Cowan, New Families in the Venetian Patriciate, 1646-1718, « ateneo Veneto », n.s., xxiii, 1-2, 1985, p. 55 : « despite the adverse comments which were recorded on paper, a fusion between old and new families appears to have been strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 281 numero di famiglie nuove circolava da tempo in ambienti che univano patrizi e cittadini in una itta rete di alleanze matrimoniali, interessi commerciali e scambi di favori economici. ciononostante, non sono mai stati studiati i meccanismi di ascesa sociale usati da questa potente lobby prima, durante e dopo le aggregazioni di candia. col presente saggio vorrei sostenere che questi meccanismi, frutto di una forte sinergia sociale tra ceti giuridicamente diversi, hanno determinato una forte trasformazione sociale che ha cambiato il volto del patriziato veneziano già all’inizio degli anni ottanta. nel 1685, le aggregazioni successive dovute alla guerra della Morea, non hanno rappresentato altro che la naturale evoluzione di un processo di rinsaldamento di interessi trasversali tra un gruppo di famiglie patrizie e altri gruppi cittadini di fronte alla crescente polarizzazione socio-economica della classe dirigente. Una riforma mancata nel 1962, James c. davis ha sintetizzato eYcacemente il dilemma del patriziato veneziano : privilegi a pochi o perpetuazione dell’intera classe dirigente. l’interesse delle singole famiglie era in netto contrasto con quelli del patriziato nel suo complesso : « the Venetian nobility » a un certo punto era incompatibile con « the ruling class ». Secondo davis la chiusura sociale del ceto patrizio determinava problemi strutturali che andavano aggravarsi col tempo : l’impoverimento di molti era dovuto in parte all’abbandono di attività lucrose considerate incompatibili con lo status nobiliare ; la crisi demograica era conseguenza di una politica familiare volta a diminuire il tasso di nascita per meglio gestire il patrimonio familiare ; 12 in ine, in conseguenza dei questi due fattori, un « manpower shortage » impediva il corretto svolgimento delle attività di governo per mancanza di soggetti adeguati ai posti di responsabilità. 13 l’analisi di davis delinea bene i caratteri del sistema socio-politico costruito dal patriziato veneziano nei secoli per consentire allo stesso gruppo di mantenere privilegi e ricchezza, ma anche di avere la responsabilità di tutta la macchina statale. davis accantona dunque l’idea mitica di un corpo che agisce per il bene della repubblica, per sottolineare invece la riluttanza di cedere il potere ad altri ceti sociali per ovvi interessi economici e politici e per non alterare il delicato equilibrio tra famiglie e gruppi d’interesse stabilitosi nel corso dei secoli. all’inizio del 1646, quando la guerra per candia era già iniziata, il patriziato si trovò di fronte ad una crisi interna che comprometteva gravemente la sua capacità di governo per tre ragioni : taking place ». le argomentazioni di cowan sono tuttavia poco convincenti : a suo parere i dolce furono motivati a sacriicare il loro patrimonio per diventare nobili perché discendenti di una famiglia presente al Maggior consiglio prima della ‘serrata’ : la questione era già superata da tempo. gli ottoboni, come altre famiglie della cancelleria ducale, erano desiderosi di adeguare il loro status giuridico a quello sociale : tale tesi è tra l’altro confutata in parte dalle lettere di membri della famiglia nei mesi precedenti all’aggregazione : a. Menniti Ippolito, Fortuna e sfortune di una famiglia veneziana nel Seicento. Gli Ottoboni al tempo dell’aggregazione al patriziato, Venezia, istituto Veneto di Scienze, lettere ed arti, 1996. l’errore di cowan è di aYdarsi troppo alle suppliche presentate al momento dell’aggregazione, che tendevano ovviamente ad esaltare la lealtà verso la repubblica, e tutti quegli attributi sociali ritenuti più idonei per il conseguimento del loro scopo. 12 Sulla crisi demograica vedi d. Raines, Cooptazione, aggregazione e presenza al Maggior Consiglio : le casate del patriziato veneziano, 1297-1797, « Storia di Venezia, rivista elettronica », 1, 2003, pp. 38-40 (www.storiadivenezia/rivista/ rivista0103.html). 13 J. c. Davis, The Decline of the Venetian Nobility as a Ruling Class, baltimore, Johns hopkins press, 1962. 282 dorit raines 1. era diminuito il numero dei membri aventi diritto a partecipare alle sedute del Maggior consiglio ed ad assumere le cariche ; 14 2. era diminuito il numero di casate (famiglie patronimiche) che determinavano gli equilibri politici e gli scambi di alleanze e di ricchezza attraverso i legami matrimoniali. 15 tale diminuzione favoriva i giochi clientelari a detta dell’autore anonimo della Relazione sulla organizzazione. già dagli anni venti del Seicento i nobili poveri avevano cominciato ad accettare oVerte in cambio del voto, avviando il sistema verso « il regime oligarchico » ; 16 3. all’interno del patriziato si erano accentuate le diVerenziazioni di carattere economico. già alla metà del Seicento i patrizi parlavano apertamente della presenza di tre gruppi distinti : i grandi, i medi, e gli inimi. 17 la crisi, dunque, iniziava ad essere avvertita già prima della guerra. Ma non vi era stato nessun serio tentativo per aVrontarla. la peste del 1630 ha sicuramente animato alcune prime discussioni, ma senza alcun esito. 18 Secondo le testimonianze del patrizio giannantonio Muazzo e dell’anonimo autore del trattato Della nobiltà, trascorso istorico al Re Cristianissimo Luigi XIII, erano state avanzate ipotesi di aggregare un piccolo numero di famiglie della nobiltà della terraferma o di conferire la nobiltà alle famiglie di nobili cretesi. 19 il tempo non era però ancora maturo ad una svolta così radicale. Solo la guerra di candia e le conseguenti ingenti spese costrinsero tutti i gruppi all’interno del patriziato ad accettare l’idea di ammettere altre famiglie nel Maggior consiglio. eppure, in via di ipotesi, esistevano anche altre opzioni per fronteggiare la situazione : si poteva ‘aprire’ una parte delle magistrature ai cittadini originari senza conceder loro la nobiltà ; si poteva spezzare il legame tra spese e magistratura di rappresentanza, accollando allo Stato l’onere, in cambio di una condivisione delle spese tra tutte le casate, evitando così il problema del riiuto delle cariche ; si poteva perino distinguere tra l’appartenenza al corpo patrizio – emanazione del potere sovrano – e la partecipazione al governo, che poteva essere percepita come delegazione a termine dei poteri da parte del corpo sovrano (una pratica ancora in atto nel trecento, come ci dimostra Stanley chojnacki). 20 Ma tutto questo richiedeva ben più di una riforma strutturale. Si trattava di una rivoluzione culturale che avrebbe 14 M. t. Todesco, Andamento demograico della nobiltà veneziana allo specchio delle votazioni nel Maggior Consiglio (1297-1797), « ateneo Veneto », n.s., 27, 1989, pp. 139-142 ; Raines, Cooptazione, cit., pp. 41-48 ; Davis, The Decline, cit., pp. 15 Raines, Cooptazione, cit., pp. 39-51. 54-74. 16 Relazione sulla organizzazione politica della Repubblica di Venezia al cadere del secolo decimosettimo, a cura di g. bacco, Vicenza, dalla tipograia di F. g. picutti, 1856, p. 37 : « Si va introducendo un nuovo costume [...] nelle domande di cariche insigni, molti nobili poveri vengono anticipatamente regalati dai pretendenti di somme di danaro, di abiti, di vivande, e cose simili. Questo costume [...] ebbe principio da circa cinquant’anni ». 17 « gli Maggiori ti sdegnaranno per uguaglianza delle fortune, li mediocri non potrano soVerirti per la superiorità delle stesse, e gl’inimi t’abborriranno per vedersi costretti ad elemosinare dal tuo voto il proprio mantenimento », [antonio ottoboni], Lettera d’un nobile catolico repubblichista ad un suo Figlio, che era presso un suo gran Zio fuori della Patria, con cui gli dà l’insegnamento di vivere per tutto il corso di sua vita, in Milano, appresso domenico bellagatta, 1712, pp. 5-6. già Sanudo, priuli e Malipiero parlano a cavallo del Quattro e cinquecento di ricchi e poveri. priuli anche caratterizza i ricchi da « senatori over ricchi » : vedi r. Finlay, Politics in Renaissance Venice, london, ernest benn, 1980, p. 75. probabilmente il primo a dividere il patriziato in tre classi distinte per censo (ricchi, mezzani e poveri) fu il doge andrea gritti nel 1523. Marino Sanudo, I Diarii, a cura di r. Fulin, bologna, Visentini, 1879-1903, t. xxxiv (1523), col. 229 : « [...] perché in questa terra ne son richi, mezani e poveri ». anche l’ambasciatore spagnolo a Venezia, il marchese bedmar, divise all’inizio del Seicento il patriziato in tre gruppi analoghi : vedi a. Cowan, Rich and Poor among the Patriciate in Early Modern Venice, « Studi Veneziani », n.s., vi, 1982, pp. 150-151, citando da biblioteca del Museo civico correr, Venezia (= mcc) : Cod. Donà dalle Rose 448, fasc. 19. 18 durante la peste del 1630-1631 morirono 217 nobili. Vedi Davis, The Decline, cit., pp. 57, 75, 106. 19 ivi, pp. 75-76. 20 Chojnacki, La formazione della nobiltà, cit., pp. 651, 658. strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 283 innanzitutto spezzato il legame tra appartenenza al corpo sovrano e amministrazione della cosa pubblica. per il patriziato la giustiicazione al potere risiedeva proprio nella sua capacità di governare. appartenenza al Maggior consiglio e assunzione di cariche erano percepite come un compito indivisibile, un unicum fatto da onori e oneri. Quindi, ciò che si poteva ipotizzare in altri Stati di antico regime, non era applicabile a Venezia. Un’ipotetica noblesse de robe costituita da sudditi non poteva esistere per la mancanza di una chiara distinzione tra essa e una presunta noblesse d’epée, cioè una nobiltà antica che giustiicava la sua esistenza con compiti ben distinti dalla nobiltà burocratica. il patriziato veneziano, nobiltà urbana di origini mercantili, non poteva distinguersi dai cittadini originari che godevano proprio le stesse origini, né poteva confrontarsi con la nobiltà della terraferma, in certi casi, vera e propria noblesse d’epée. in mancanza di volontà o di coraggio per procedere ad una riforma strutturale che avrebbe anteposto l’interesse dell’intera classe dirigente a quello dei suoi componenti, e di fronte ad una situazione economica disastrosa, il patriziato avviò nel 1646 un’aggregazione ‘controllata’. 21 il risultato fu l’ingresso di ben 75 famiglie nei suoi ranghi, con privilegi pari a quelli tenuti da secoli dalle famiglie del vecchio patriziato. l’infausta conclusione della guerra di candia sollevò inquietanti interrogativi circa le ragioni del lungo e sanguinoso conlitto. 22 dagli anni settanta del Seicento il dibattito politico veneziano fu caratterizzato da una serie di scritture, rimaste in prevalenza manoscritte, che analizzavano la struttura costituzionale della repubblica e il suo adattamento ai mutamenti del tempo. 23 Queste scritture, denominate dalla storiograia odierna dell’‘anti-mito’, intendevano supplire alla reticenza delle storie uYciali, narrate cronologicamente e concentrate prevalentemente sulla politica estera, sforzandosi invece di comprendere le ragioni della crisi dello Stato, nel proposito di riformarlo. di fatti il sistema repubblicano, ne usciva regolarmente trionfante. gli scritti lodavano, sulla scia degli scritti cinquecenteschi di gasparo contarini o del iorentino donato giannotti, la saggezza degli antenati che avevano saputo costruire un ediicio politico equilibrato, giusto e funzionale. nella sostanza i cosiddetti trattati dell’‘anti-mito’ attribuivano le disfunzioni del sistema a motivi congiunturali e all’irresponsabilità di qualche singolo e non alla struttura del governo. più che alla guerra di candia, l’origine di tale letteratura era dovuta all’aggregazione di 75 famiglie di ogni condizione sociale ai ranghi del patriziato tra il 1646 e 1669, in cambio di un consistente contributo in denaro. il malessere del vecchio 21 d. Raines, Pouvoir ou privilèges nobiliaires. Le dilemme du patriciat vénitien face aux agrégations du xviie siècle, « annales esc », xlvi, 4, 1991, pp. 827-847. 22 l’autore anonimo della Relazione sulla organizzazione si esprime così : « corrono ormai grand’anni che la guerra le costa sudditi e denaro, e quel che più importa, perdita e diminuzione di Stato ». naturalmente, l’ipotesi è che questa parte della Relazione sia stata redatta prima della ine della guerra, perché l’anonimo è anche molto esplicito nel suo suggerimento di abbandonare l’isola di candia : « a guisa d’un vascello lacero a cui ad ogni tempesta conviene far getto d’una parte del carico perché non rimanga sommerso », per concentrarsi sui territori in italia. Relazione sulla organizzazione, cit., pp. 74-75. 23 Questi saggi per la verità non facevano che rinforzare il mito di Venezia. È esempliicativa l’osservazione dell’anonimo autore della Relazione sulla organizzazione, cit., p. 34, per il quale le cariche stipendiate erano state create appositamente per aiutare i poveri, mentre quelle dispendiose servivano « a sminuir la ricchezza di coloro che ne abbondassero : tutto ad oggetto di promuover l’eguaglianza vera essenza dell’aristocrazia ». cfr. p. Del Negro, Forme e istituzioni del discorso politico veneziano, in Storia della cultura veneta, 4, ii, Il Seicento, a cura di g. arnaldi, M. pastore Stocchi, Vicenza, neri pozza, 1984, pp. 407-436 ; M. Zanetto, “Mito di Venezia” ed “antimito” negli scritti del Seicento veneziano, Venezia, editoria Universitaria, 1991. 284 dorit raines patriziato di fronte alle aggregazioni 24 è espresso in uno di questi scritti, redatto all’inizio degli anni ottanta, che criticava le decisioni prese dai ‘grandi’ durante la guerra di candia per fronteggiare l’emergenza inanziaria : « altro danno a questo consiglio [il Maggior consiglio] fece l’introduzione di nobili nuovi mediante esibizion di denaro [...] pensi ognun come si possa comportare settantaotto famiglie elevate dalla servitù alla condizione più cospicua di questa patria. e quali costumi vogliam credere che abbiano portato costoro, la maggior parte de’ quali erano lavoratori nelle arti, bottegai, ogliaioli e mercanti di vile esercizio ? ». 25 l’autore, già deluso per la concessione dei privilegi nobiliari ad altri, non poteva allora nemmeno immaginare che solo pochi anni dopo, nel 1685, sarebbe iniziata un’altra ondata di aggregazioni, questa volta legata alle ristrettezze economiche causate dalla guerra di Morea, che avrebbe portato in Maggior consiglio altre famiglie, di proilo sociale ancora più basso di quello della guerra di candia. eppure le conseguenze della prima aggregazione erano già evidenti. l’anonimo già citato aveva scritto : « alcun senatore si gloria che la repubblica abbia ritrovato un tesoro che non sapea d’avere, perché l’erario pubblico ebbe tra contante e compenso otto millioni di ducati ; gran tesoro per certo, ma quanto più trascurato da progenitori saggi tanto più sospetto, che forse per estrarlo dalla terra rovinerà un giorno l’ediicio ». 26 dunque, alla soglia di una nuova guerra col turco, una parte del patriziato era convinta che le aggregazioni della guerra di candia erano state un grave errore che avrebbe potuto generare conseguenze ben più gravi e che, le scelte prese erano dovute agli interessi privati di un gruppo chiamato ‘i grandi’, desiderosi di raVorzare il loro potere allargando la clientela. 27 Sarebbero quindi stati gli interessi ‘dei privati’ ad indurre nel 1685 ad una nuova apertura delle porte del Maggior consiglio che avrebbe cambiato per sempre la composizione sociale del patriziato, mutando radicalmente gli equilibri tra famiglie e fazioni costruiti nei secoli ? per tentare di rispondere almeno in parte a questa domanda, bisognerebbe tornare all’aggregazione delle 75 famiglie durante la guerra di candia e farne un bilancio. come vedremo, il processo, che iniziò con una semplice oVerta di un mercante ambizioso, condusse in due generazioni ad un radicale mutamento sociale e politico della classe dirigente veneziana. di conseguenza, le aggregazioni della guerra di Morea, nonostante il bilancio pesante fatto dal vecchio patriziato all’inizio degli anni ottanta erano percepite come una conseguenza quasi naturale di un processo di ascesa sociale, inserimento sociale e trasformazione della nobiltà in una classe dirigente. 28 24 cosi si esprimevano i patrizi di fronte all’ascesa sociale dei nuovi colleghi : « [...] dal banco della propria bottega nella sala del Maggior consiglio », biblioteca nazionale Marciana, Venezia (= bnm) : cod. Marc. it. vii, 942 (9014), p. 16 (seconda numerazione), a proposito della famiglia contenti ; « [...] dalla bottega al broglio », archivio di Stato, Venezia (= asv), Misc. Codici i, cod. 43/i, c. 16, a proposito della famiglia ricci. Vedi ugualmente bnm : cod. Marc. it. vii, 942 (9014), p. 41 (seconda numerazione) : « [...] dalla Stalla alla reggia del Maggior consiglio », bnm : cod. Marc. it. vii, 942 (9014), p. 20 (seconda numerazione), a proposito della famiglia curti. 25 Relazione sulla organizzazione, cit., p. 41. Vedi più avanti alla nota 169 la descrizione di famiglie come zolio e i loro costumi « incivili ». 26 Relazione sulla organizzazione, cit., p. 41. Si veda anche Distinzioni segrete che corrono tra le casate nobili di Venezia, in biblioteca civica « V. Joppi », Udine (= bcu) : Cod. Manin 1246 (ex Priuli 107), c. n.n. che osserva come le aggregazioni hanno portato una quantità di denaro che « ha rilevato al pubblico tra contante, e compenso de’ debiti otto millioni in circa de ducati [ed] ha servito ad allungare la guerra di candia ». 27 Relazione sulla organizzazione, cit., p. 41. 28 l’autore anonimo dell’opera Distinzioni segrete che corrono tra le casate nobili di Venezia, bcu : Cod. Manin 1246 (ex Priuli 107), c. n.n. è categorico : « se al principio della guerra fosse fatto proposto al cons[igli]o questa alternativa a cedere il regno al turco, o creare 78 famiglie nuove, haverebbero con 600 voti più tosto ceduto il regno ». strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 285 Le aggregazioni: Iniziativa personale o lungimiranza di gruppo ? tutto iniziò nel 1646 con la proposta del ricco mercante giovanni Francesco labia, insieme al fratello e ai igli, di versare un’ingente somma di denaro in cambio della sua aggregazione. labia, cittadino originario, 29 elaborava già da qualche tempo una strategia mirata ad accedere al cuore dello Stato veneziano. era legato alle famiglie più ricche e potenti di Venezia, come i priuli di S. Felice, i tiepolo di S. aponal, i Valier di S. zan degolà, i loredan di S. Stefano e i corner di S. polo. 30 Singolare ugualmente era il patto proposto dal labia al nunzio nel 1628 : voleva mandare i suoi due igli a roma con l’intento di destinare uno di loro alla prelatura. labia oVrì di garantire le pensioni dei titolari dei beneici richiesti per i igli con depositi bancari e investimenti in « luoghi di monte » (anche se, successivamente, la famiglia divenne famosa per non pagare le pensioni). la strategia del labia, ‘zelante’ della Santa Sede, era quindi di porsi sul piano di famiglie come grimani o corner, che collocavano un rampollo alla corte romana nella speranza di vederlo cardinale o papa. 31 anche altre famiglie esploravano questa via di ascesa sociale per arrivare a contare a Venezia attraverso le prelature romane. tra queste, gli ottoboni, non gradivano aVatto la tendenza di labia di comprare tutto e tutti usando la ricchezza. 32 era una pratica che destava una certa preoccupazione tra i patrizi a Venezia nel corso del Seicento : i vescovi veneziani non nobili erano poco tollerati. Molto meno lo era la porpora cardinalizia se conferita a uno di loro. 33 29 la cittadinanza fu concessa a pietro labia nel marzo 1528. Vedi asv : Archivio privato Labia, b. 2, i fasc., docc. 1-2. Vedi asv : Misc. Codici i, Storie Venete 43/i (già Misc. codici 740/i), c. 1 ; ivi : Misc. Codici iii, cod. Soranzo 15 (già Misc. codici 866), c. 2 ; bnm : cod. Marc. it. vii, 2041 (8562), c. 170v. Vedi anche l’osservazione di andrea Valier che, pur senza chiamare labia direttamente in causa, aVerma che « perciò non mancarono di quelli che cominciarono a pensare se con qualche oVerta considerabile potessero nelle congiunture presenti ottenere l’aggregazione alla nobiltà dominante » (A. Valier, Storia della guerra di Candia, trieste, colombo coen, 1859, lib. i, p. 67). chiaramente Valier era infastidito da cittadini come labia che approittavano di debiti personali per incassare un successo sociale, ma si potrebbe anche ribattere che Valier fu condizionato dal fatto che labia era fautore della Santa Sede. cfr. A. Toussaint de Limojon, Sieur de Saint-dedier, La ville et la République de Venise, paris, louis billaine, 1680, p. 143. i legami tra labia e le famiglie patrizie sono ad esempio attestati dalla testimonianza a favore della presentazione, nel 1645, della candidatura di camillo labia, nipote di giovanni, alla carica del grande priore dell’ordine di Malta da parte dei senatori girolamo priuli di alvise, giovanni tiepolo di alvise, alvise loredan di Marin e dell’ambasciatore bertucci Valier di Silvestro. Vedi archivio dell’ordine di Malta, Venezia, b. 116 : cavalieri di giustizia, 1644-1645, cc. 4-7. Vedi inoltre asv : Archivio privato Labia, b. 2, iii fasc., e a. Menniti Ippolito, Politica e carriere ecclesiastiche nel secolo xvii. I vescovi veneti fra Roma e Venezia, napoli, istituto italiano per gli studi storici, 1993, p. 116, per i legami tra labia e il vescovo di padova, Marco antonio corner di S. polo. Sui legami matrimoniali tra i patrizi poveri e le famiglie aggregate, vedi Cowan, New Families, cit., pp. 55-75 : in part. pp. 70-71 ; r. Sabbadini, L’acquisto della tradizione. Tradizione aristocratica e nuova nobiltà a Venezia, Udine, istituto editoriale veneto friulano, 1995, pp. 76-87. Secondo un anonimo patrizio che si oppose alle aggregazioni, molti patrizi avevano un debito con labia per i favori elargiti a loro. Vedi bnm : cod. Marc. it. vii, 2041 (8562), c. 170v. Sulla situazione economica di labia, F. Pedrocco, I Labia di San Geremia, in Palazzo Labia a Venezia, a cura di t. pignatti et alii, torino, eri, 1982, pp. 7-54. 31 nel 1636 il iglio paolo antonio divenne chierico di camera. dopo la sua morte prematura nel 1649, il fratello giambattista, già presidente della camera apostolica, aveva quasi lasciato l’abito per tornare a Venezia e accasarsi a seguito dell’aggregazione della famiglia al patriziato, ma fu dissuaso dal padre. Menniti Ippolito, Politica e carriere ecclesiastiche, cit., pp. 79-80, 86, 165. cfr. Idem, Fortuna e sfortune, cit., p. 20 per la pratica di inviare giovani nobili « per educarsi da fermarsi poi alla corte ». 32 i parenti di pietro ottoboni non potevano trattenere la loro rabbia : « il labia [giovan Francesco] con usure et aggravio dell’anima sua ha un gran quantità di denaro. può comprar il chiericato di camera quale hanno oVerto a diversi gentil’huomeni qui che non hano voluto attendervi » (Menniti Ippolito, Fortuna e sfortune, cit., p. 26). 33 Vedi le parole velenose dell’autore (patrizio) dell’Opinione attribuita a paolo Sarpi : « quanto sij proYttevole, che i nationali habbiano il grado di Vescovo, altretanto sarebbe dannoso, e da impedirsi con tutte le forze, che arrivassero al cardinalato, perché all’hora aborrirebbero la qualità di Sudditi in una porpora, che si ha usurpato la precedenza col prencipe ». Opinione falsamente ascritta al Padre Paolo Servita come debba governarsi internamente & esternamente la Republica Venetiana, per trovare il perpetuo Dominio, in Venetia, appresso roberto Meietti, 1685, p. 40. 30 286 dorit raines già nell’agosto del 1645 cominciarono a circolare voci a Venezia su una possibile vendita del titolo patrizio per 100.000 ducati in contanti. 34 Secondo la successiva testimonianza di Marcantonio ottoboni l’ipotesi di vendita prevedeva una somma di 60.000 ducati. Sempre secondo l’ottoboni altre due famiglie, oltre i labia, erano disposte ad un simile esborso. ne esistevano inoltre altre quindici-venti che potevano pagare 50.000 ducati. il 2 dicembre dello stesso anno riemerse la proposta di 60.000 ducati. le famiglie disposte al « negotio » erano : labia, Widmann, rubini, zaguri, tasca, correggio, antelmi, Medici, gozzi e zenobio. 35 labia si preparò allora all’evento con cura. raccolse tutti i documenti relativi alla cittadinanza originaria della famiglia, ai privilegi ottenuti, ai contratti di nozze di due donne di casa con nobili veneziani delle famiglie corner e bragadin, agli atti di battesimo, alle prove di nobiltà presentate all’ordine di Malta e alla bolla di Urbano Viii attestante la nobiltà avignonese della famiglia. 36 Si diede quindi alla ricerca nell’archivio del palazzo ducale di precedenti che potessero facilitare la richiesta. dal libro Stella furono così estratti i documenti relativi all’aggregazione delle famiglie Malatesta (1480), bentivoglio (1488) e Martinengo (1499). 37 l’intento era dunque quello di riproporre i casi di famiglie nobili aggregate per aiuti militari. inine, probabilmente dietro qualche suggerimento da parte di amici patrizi, si redasse un primo abbozzo di supplica con cui si oVriva di sovvenzionare mille fanti e pagare 60.000 ducati per il loro mantenimento, in cambio della nobiltà ereditaria. 38 Ma quest’ipotesi fu abbandonata, perché il patriziato nel frattempo decise di optare per un’ aggregazione di un numero minimo di famiglie. la proposta, formulata in modo del tutto uYcioso, fu respinta. il patriziato, però, ne riconobbe l’utilità : l’erario vuoto e la previsione di una guerra lunga e sanguinosa non lasciavano altra scelta. la strada già spianata dalle aggregazioni della guerra di chioggia doveva essere battuta da nuove aggregazioni di cittadini fedeli disponibili ad oVrire i loro averi per salvare la patria. 39 Fu quindi elaborata dai patrizi convinti della bontà dell’aggregazione una proposta di ammettere al Maggior consiglio quindici famiglie. il timore, tuttavia, di non trovarne in numero suYciente, indusse a ridurre il numero a cinque che avrebbero dovuto contribuire all’erario ciascuna con 60.000 ducati. 40 Ma il Senato respinse la mozione. 34 giovan battista ottoboni, annunciando al fratello pietro tale ipotesi, commenta : « certamente nessuna casa haverà li ducati 100mila contanti et si distruggerà quelle case [...] che lo faranno ». da segnalare che secondo le stime degli ottoboni per questa somma si poteva acquistare fuori Venezia un marchesato (Menniti Ippolito, Fortuna e 35 ivi, pp. 31-35. sfortune, cit., pp. 30-31, 35). 36 Si tratta di eleonora labia sposata nel 1591 con un bragadin e di isabetta costanza sposatasi prima con giambattista corner, poi con Vettor Molin di S. pantalon. asv : Archivio privato Labia, b. 2, fasc. i, iii. 37 ivi, i fasc., doc. 16. 38 Questa proposta è stata probabilmente elaborata nel febbraio 1646, come emerge dalla testimonianza di agostin ottoboni (Menniti Ippolito, Fortuna e sfortune, cit., p. 39). 39 il quadro generale di quest’oVerta era nota ai patrizi : durante la guerra di chioggia, molte famiglie non patrizie avevano sacriicato beni e vite per la patria. terminata la guerra, trenta di loro furono aggregate. il decreto del 1379 stabiliva un principio fondamentale : la fedeltà sarà ricompensata. allo stesso tempo, la classe dirigente si riservava la scelta delle famiglie meritevoli, e solo dopo l’emergenza terminata. le famiglie ricevevano quindi nel 1379 delle vaghe promesse di promozione sociale in cambio di un contributo immediato. la proposta del 1646, invece, invertiva il rapporto tra sacriicio e ricompensa. Vedi la mozione del Maggior consiglio del 1° dic. 1379, nel bnm : cod. Marc. it. vii, 71 (7866), cc. 83v-84v. 40 Valier, Historia della guerra di Candia, cit., lib. i, p. 67. così dichiarava angelo Michiel, padre dell’ambasciatore a Vienna e rappresentante degli oppositori alla mozione, nel suo discorso : « el caso se deve temer perché xe sta ditto avanti d’adesso che i gera quindese, e adesso i xe cinque, mancanti due terzi puono mancar ancor questi » : bnm : cod. Marc. it. vii, 1908 (9045), c. n.n. Michiel suggeriva al suo pubblico che la causa principale che ha fatto ridurre il numero nella versione inale fu la paura. cfr. bcu : Cod. Manin 1246 (ex Priuli 107), c. n.n. : « Michiel fece escludere la parte. la ragione più valida che lui disputasse fu che non vi fosse certezza che cinque case volessero o potessero fare questa spesa, onde strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 287 due settimane dopo il primo riiuto, alla ine di febbraio 1646, lo stesso organo, su richiesta di paolo caotorta, uno dei capi dei Quaranta, 41 tornò a ridiscutere la questione, 42 ma si trovò davanti ad un’altra proposta, avanzata dal collegio, di lasciare il parere inale al Maggior consiglio. il Senato decise di seguire l’indicazione del collegio. 43 il 4 marzo dello stesso anno il testo fu presentato al Maggior consiglio che lo respinse dopo un acceso dibattito. 44 labia e Widmann, i promotori dell’iniziativa avevano correttamente calcolato i tempi, ma non l’esito. 45 labia, dopo un attacco di rabbia iniziale, 46 redasse allora a giugno 1646 una nuova proposta : un contributo di 100.000 ducati, la metà in contanti e il resto depositato in zecca. di fronte a nuove reazioni negative, trasformò l’oVerta in 60.000 in contanti e 40.000 in zecca. 47 Finalmente la proposta parve accettabile 48 e all’inizio di luglio labia fu aggregato alla nobiltà. abbracciare la parte con questo dubbio potesse deturpare la nobiltà ». non si capisce sulla base di quali fatti Michiel abbia espresso questa convinzione. le 75 famiglie che si presentarono tra 1646 e 1669 smentiscono categoricamente quest’argomento. il viaggiatore inglese burnet scrisse il 5 novembre 1685 una lettera da Firenze, dove forniva dettagli circa l’andamento dell’aggregazione del 1646. la versione dell’inglese, incuriosito da una nuova aggregazione, era probabilmente frutto di voci circolate a quest’epoca. burnet sosteneva che il Senato aveva proposto di aggregare cinque famiglie ciascuna contro il versamento di 60.000 ducati, nel caso la famiglia fosse veneziana, e 70.000 ducati per le famiglie straniere. Secondo burnet c’era una persona contraria all’idea (probabilmente caotorta), che cadde. G. Burnet, Letters containing an account of what seemed most remarquable in Switzerland, Italy, rotterdam, abraham acher, 1686, p. 154. 41 caotorta si presenta qui come capo del consiglio incaricato, secondo la legge del 1297, di esaminare l’idoneità dei candidati. Vedi V. Crescenzi, Esse de Maiori Consilio. Legittimità civile e legittimazione politica nella Repubblica di Venezia (secc. xiii-xvi), roma, istituto storico italiano per il Medio evo, « nuovi studi storici », 34, 1996, p. 325. 42 Sul testo della mozione dell’aggregazione messo al vaglio del Maggior consiglio si trova la seguente annotazione che il 29 febbraio 1645 m.v. (1646), il « cons[iglie]r paolo cao[tor]ta vuol che la deliberazione presa in questo consiglio a 15 del mese presente in materia di nobiltà sia sospesa aYnché meglio ventillata et maturata sia pur da questo consiglio terminato quello che sarà conosciuto di decoro e di più utile beneicio » (asv : Maggior Consiglio, Marcus, c. 162v). Quest’informazione è confermata in parte anche nella lettera del 7 febbraio 1646 che Marcantonio ottoboni scrisse al fratello pietro. il 24 febbraio Marcantonio osservò tuttavia che caotorta fu invitato da andrea da lezze ed altri a ritirare la proposta. Menniti Ippolito, Fortuna e sfortune, cit., pp. 41, 45. cfr. bnm : cod. Marc. it. vii, 1531 (7638), fasc. iv, c. n.n., dove l’autore anonimo crede che caotorta si sia opposto alla mozione. invece Marcantonio ottoboni parlò di una controproposta che prevedeva che ogni anno si scegliesse una famiglia tra quelle che avrebbero versato 10.000 ducati allo Stato (Menniti Ippolito, Fortuna e sfortune, cit., p. 41). 43 il collegio avanzò da parte sua un’altra mozione. proponeva di lasciare al Maggior consiglio la decisione sulla questione, per il fatto che un argomento di tale importanza dovesse essere aVrontato dall’intero corpo aristocratico. il Senato si mostrò favorevole all’idea e votò a favore. Quello stesso giorno, il 29 febbraio, furono proposte due mozioni al Senato : quella di caotorta che proponeva di modiicare il testo, e l’altra del Pien Collegio, che invitava a lasciare la decisione al Maggior consiglio. i risultati del ballottaggio sulla mozione di caotorta furono i seguenti : si 57 ; no 1 ; non sinceri 9. i risultati relativi all’altra mozione non sono chiari. Sul testo, custodito nelle ilze del Maggior consiglio, è annotato : « S[avii del] c[onsiglio], S[avii di] t[erra] F[erma], S[avii] ai o[rdini] [cioè, il pien collegio] Vogliono che si stia sul preso - 94 » (asv : Maggior Consiglio, Marcus, c. 162v) ; asv : Maggior Consiglio, deliberazioni, fz. 39. l’ipotesi è che i senatori favorevoli erano 94, e che non c’erano né contrari, né astensioni. angelo Michiel spiegò nel suo discorso nel Maggior consiglio l’andamento degli avvenimenti : « perché l’eccelletissimo Senato sempre prudentissimo nelle congiunture presenti di bisogni e resta persuaso a prenderla da i eccellentissimi Savij per questa sola eYcace raggion che non dovessero impedir a questo Serenissimo Maggior consiglio il poterla considerar, onde l’esser presa in Senato è convenienza, non formalità » (bnm : cod. Marc. it. vii, 1908 (9045), c. n.n.). Questa è la spiegazione perché la decisione non fu mai annotata come tale nei registri del Senato, evitando così di esprimersi sulla materia. 44 d. Raines, L’invention du mythe aristocratique. L’image de soi du patriciat vénitien au temps de la Sérénissime, Venezia, istituto Veneto di Scienze, lettere ed arti, 2005, pp. 631-653. 45 già nel 23 dicembre 1645 Marcantonio ottoboni scrisse al fratello pietro che labia e Widmann prevedevano la conclusione dell’aVare nel febbraio o marzo successivo (Menniti Ippolito, Fortuna e sfortune, cit., p. 36). 46 testimonia Marcantonio ottoboni qualche giorno dopo che il Maggior consiglio respinse la mozione dell’aggregazione : « il labia se ne aggrava sopra tutti, maledisce le parentelle con nobili, dice voler venire a star a roma. Sono furori che gli passeranno » (Menniti Ippolito, Fortuna e sfortune, cit., p. 49). 47 asv : Archivio privato Labia, b. 2, i fasc., doc. 8. labia dichiara anche di aver depositato già in zecca la somma di 240.000 ducati. cfr. Menniti Ippolito, Fortuna e sfortune, cit., pp. 56-57 : in un primo momento gli ottoboni ritennero che i labia e i Widmann stessero ‘bluVando’ proponendo somme così ingenti. in seguito furono costretti ad ammettere che le proposte erano serie. 48 angelo Michiel avrebbe voluto opporsi ma venne invitato a tacere. in seguito, osservava Marcantonio ottoboni, 288 dorit raines UYcialmente la classe dirigente della dominante aveva deciso di non ricorrere a un invito ai candidati di versare un contributo in cambio del diritto di sedere in Maggior consiglio. Sarebbe stata una decisione troppo radicale rispetto alle procedure passate, stabilite già nel lontano 1297. Si preferì applicare la prassi già sperimentata da ben quattro secoli, di aggregare famiglie sulla base della ‘grazia’ che un sovrano concede a candidati idonei. 49 tra 1646 e 1669 settantacinque famiglie furono aggregate col medesimo sistema. ciò che oggi potrebbe sembrare l’iniziativa personale di un soggetto ambizioso che ambiva al titolo di patrizio veneziano, com’era avvenuto nel corso del Quattrocento per l’aiuto militare portato alla Serenissima, era in realtà lo sbocco inevitabile di un processo maturato da tempo e inalizzato alla mobilità sociale. l’aspirazione di alcune famiglie potenti esterne al patriziato e desiderose di vedere riconosciuto il proprio potere unita agli interessi di alcune fazioni interne al patriziato trasformò la proposta di un singolo in una mini-rivoluzione sociale. 50 Gruppi di pressione sociale cosa si aspettava il vecchio patriziato dalle aggregazioni ? l’interesse iniziale era dovuto alla necessità di alleggerire le diYcoltà inanziarie. da tale punto di vista Venezia poté dirsi soddisfatta poiché otto milioni di ducati fecero ingresso nelle casse dello Stato. 51 ci si può però chiedere se già in partenza si pensava ad un numero così elevato di aggregati, poiché le prime proposte parlavano di cinque e poi di quindici famiglie. nelle discussioni sulla mozione del 4 marzo 1646 in Maggior consiglio emersero anche altre ragioni. Michele Foscarini, favorevole all’aggregazione, parlava apertamente del calo demograico e della diYcoltà di ricoprire tutte le magistrature, con il conseguente pericolo di condurre la repubblica verso un regime oligarchico : « Se mancherà questo legame [tra la partecipazione al corpo patrizio e il dovere di assumere le cariche], si cambieranno quei costumi, che hanno sin’hora conservata la quiete interna, e preservata la republica nostra superiore alla duratione d’ogni altra [...] o bisognerà un giorno restringer le cariche [...] o si converrà ampliar il numero de i cittadini ». 52 però, è chiaro che né cinque né quindici famiglie potevano risolvere una situazione inanziaria, sociale e politica così drammatica. tra 1600-1650 il patriziato contava 150 casate, un minimo storico. gli aventi diritto di sedere al Maggior consiglio erano nel 1637 1.675 patrizi, ma la media di partecipazione alle sedute nel periodo 1625labia festeggiando la sua ‘vittoria’ rimase deluso dal numero ridotto di nobili che vennero a congratularsi con lui (Menniti Ippolito, Fortuna e sfortune, cit., pp. 58-59). 49 Sulla ‘grazia’ : d. Romano, ‘Quod sibi iat gratia’. Adjustment of Penalties and the Exercise of Inluence in Early Renaissance Venice, « Journal of Medieval and renaissance Studies », 13, 2, 1983, pp. 251-268 ; g. Rösch, The Serrata of the Great Council and the Venetian Society, 1286-1323, in Venice Reconsidered, cit., pp. 73-74. 50 nel dibattito che precedette la mozione dell’aggregazione del 1646, giacomo Marcello aVermò : « i più ricchi, i quali in riguardo della disperatione d’avanzarsi, hanno sempre avuto più degli altri minor simpatia con la nobiltà dominante, che vuol dire, con la conservatione della republica » (Valier, Historia della guerra di Candia, cit., liv. i, p. 81). 51 l’autore anonimo della Relazione sulla organizzazione, cit., p. 179, calcola che tra le dispense per le procuratie e l’acquisto del titolo nobiliare, lo Stato abbia incassato nove millioni di ducati. a titolo esempliicativo : la spesa annua per un armada composta da 28 galere ammontava nel 1641 a 500.413 ducati. Commissione per la pubblicazione dei documenti inanziari della Repubblica di Venezia, Bilanci generali della Repubblica di Venezia, Venezia, Visentini, 1912, vol. i, pp. 570-571. 52 M. Foscarini, Istoria della Repubblica Veneta, in Degli’Istorici delle cose veneziane i quali hanno scritto per Pubblico Decreto, Venezia, appresso il lovisa, 1718, t. x, p. 162. strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 289 1650 era di 869 unità. 53 Queste cifre dimostrano non solo la diYcoltà di coprire tutte le cariche, ma anche quella di reperire un numero suYciente di persone competenti. la costante diminuzione del numero delle casate rendeva inoltre più problematiche le alleanze matrimoniali e le strategie socio-politiche e di scambio onesto di favori elettorali, che erano la quint’essenza del gioco di potere veneziano. l’abisso economico tra ricchi e poveri cresceva costantemente e con esso la possibilità dei poveri di trovare conforto economico in alleanze matrimoniali vantaggiose con più abbienti in cambio di favori elettorali. 54 alla metà del Seicento esistevano di fatto, secondo le testimonianze dei contemporanei tre classi distinte : i grandi, i medi e gli inimi. Visto il numero esiguo di famiglie che la proposta iniziale prospettava di far aggregare, si può scartare l’ipotesi che fosse lo sconforto demograico a spingere il vecchio patriziato ad accettare nuove aggregazioni. Ugualmente, si può forse procedere a scartare la tesi cara al patriziato di una classe che agisce concordemente in tutte le sue azioni, e procedere ad indagare chi esattamente aveva interesse a far aggregare settantacinque famiglie. Scorrendo la lista degli aggregati dal 1646 al 1669, si potrebbero identiicare tre gruppi interessati ad esercitare pressioni per essere ammessi nei ranghi del patriziato : le famiglie che servivano nella cancelleria ducale, i nobili delle terraferma e i ricchi mercanti. 55 Ma se si guarda più da vicino la storia del loro inserimento sociale nella società veneziana, prima ancora della loro aggregazione, si scopre che la netta distinzione giuridica in ordini, che ha indotto il patriziato, ma anche la storiograia veneziana antica e moderna a descrivere i fatti dell’aggregazione in termini di una brusca mobilità sociale, nascondeva un processo di ascesa sociale distinto in due fasi. la prima, di inserimento sociale, rispecchiava una situazione esistente da qualche tempo, dove socialmente i patrizi erano strettamente legati a una cerchia di famiglie di status sociale diverso e di contorni assai distinti. 56 la seconda fase, quella della mobilità socio-giuridica, era la conclusione della prima e prevedeva l’inserimento sociale perfezionato con il titolo di patrizio. Se sia stata una conclusione logica o inaspettata dipende dal punto di vista. Fino ad oggi, seguendo l’aspetto giuridico del fenomeno, gli studiosi hanno sempre accennato al rapido passaggio da uno status ad altro, come se in un tratto queste famiglie avessero cambiato vita e costumi. 57 Forse sarebbe opportuno rilettere anche sull’ascesa e sull’inserimento sociale, già veriicatisi ben prima del conferimento dello status nobiliare, ultima tappa della mobilità sociale. l’aggregazione, semmai, aggiungeva dei frutti politici assieme al titolo nobiliare : le famiglie potevano allora fare il loro ingresso nel cuore del potere, mentre prima potevano agire solo attraverso i patrizi legati a loro. 53 Vedi Raines, cooptazione, cit., pp. 42-50. l. Megna, Ricchezza e povertà. Il patriziato veneziano tra Cinque e Seicento. Venezia, istituto Veneto di Scienze, lettere ed arti, Memoria presentata nell’adunanza ordinaria del 13 dic. 1997, pp. 115-131. 55 Questa divisione si riferisce a gruppi di pressione con interessi e comportamenti propri. naturalmente la divisione degli aggregati in gruppi di provenienza, professioni o secondo ceti, è diversa. Vedi Cowan, New Families, cit., pp. 58, 62. 56 Vedi, ad es., la situazione dei cittadini originari, specialmente quelli legati al mondo dei segretari nel palazzo ducale, che da tempo erano socialmente legati ai patrizi. oltre alle alleanze matrimoniali, erano presenti in modo costante anche nei battesimi e matrimoni avvenuti nelle famiglie cancelleresche. M. Casini, Realtà e simboli del cancellier grande veneziano in età moderna (secc. xvi e xvii), « Studi Veneziani », n.s., xxii, 1991, p. 201. 57 Sabbadini, L’acquisto della tradizione, cit. ; Cowan, New Families, cit., pp. 55-75. Ma vedi Zannini, Burocrazia e burocrati, cit., p. 170, che giustamente identiica l’acquisizione della nobiltà da parte della famiglia albrizzi solo come ultima tappa di un processo di ascesa sociale. 54 290 dorit raines per capire i meccanismi dell’inserimento sociale di una parte delle famiglie dei futuri aggregati, sarebbe utile scoprire in che modo esse agivano per elevare il loro status sociale, a prescindere dal gruppo socio-giuridico al quale appartenevano. esse non esitavano ad escogitare una serie di ‘scorciatoie’ sociali : dalla penetrazione in particolari istituzioni sociali alle alleanze matrimoniali con famiglie patrizie, dai tentativi di procurarsi titoli imperiali, all’inserimento nella curia vaticana attraverso nomine dei igli a posti prestigiosi. in altre occasioni usavano anche il loro potere economico, fondando società commerciali con i patrizi o prestando capitali a famiglie patrizie in diYcoltà. 58 i nobili della terraferma costituivano da qualche tempo il gruppo più idoneo per l’ammissione al Maggior consiglio. erano sudditi della dominante ma provenivano da dinastie tavolta di antica origine feudale. erano quindi famiglie ben accolte, utili per alleanze matrimoniali, come asseriva l’autore anonimo delle Distinzioni segrete : « in questo gran numero [di 75 famiglie] ve ne sarà una mezza dozzina di nobilissime, e di nobiltà forse più antica della Venezia e di queste sopra tutte la gambara, la quale hebbe un cameriere d’honore dell’imperatrice in antichissimi tempi [...]. altre cinque se ne ponno accompagnare alla gambara, e son tali che meritavavano la nobiltà senza prezzo ; ma in questo negotio si ha imparato, che non si dava merito che fosse diVerente dal prezzo ». 59 le famiglie angaran, piovene, Valmarana, zacco e Ferramosca da Vicenza, ravagnini da treviso, conti, papafava, Santasoia e dondi orologio da padova, girardini da Verona, Manin dal Friuli, i conti dell’impero giovanelli da bergamo non potevano essere considerate una minaccia alla riputazione della nobiltà veneziana. anzi, una parte di esse poteva aggiungere un tocco di legittimazione nobiliare, essendo vera noblesse d’épée feudale, ad un patriziato di origini mercantili. 60 altre famiglie come bressa vantavano origini nobiliari, anche se al momento della supplica non lo erano più. 61 in sostanza queste famiglie consideravano gli enormi vantaggi che potevano trarre da un’aggregazione, vedendo altre famiglie come Martinengo, avogadro o Savorgnan già ben inserite nel patriziato, pur senza aver rinunciato ai loro legami di patronage e agli interessi eco58 per altre strategie concepite in un contesto diverso, ma sempre proiettate verso l’ascesa sociale vedi per la Francia e inghilterra : g. Huppert, Bourgeois et gentilshommes. La réussite sociale en France au xvie siècle, paris, Flammarion, 1983 ; M. Marraud, La noblesse de Paris au xviiie siècle, paris, Seuil, 2000, pp. 23-66 ; F.-J. Ruggiu, Les élites et les villes moyennes en France et en Angleterre (xviie-xviiie siècles), paris, l’harmattan, 1997, pp. 73-107. Vedi anche il caso di Montalcino in l. Carle, Le carriere indispensabili. Percorsi familiari e individuali di cittadini montalcinesi dal xvi al xviii secolo, in Società italiana di demograia Storica, Disuguaglianze : stratiicazione e mobilità sociale nelle popolazioni italiane (dal sec. xiv agli inizi del secolo xx), ii congré hispano luso italià de demografía histórica, Savona, 18-21 nov. 1992, bologna, clueb, 1997, vol. ii, p. 424, e le strategie praticate dall’aristocrazia mercantile iorentina a roma in i. Fosi, All’ombra dei Barberini. Fedeltà e servizio nella Roma barocca, roma, bulzoni, 1997, pp. 205-241. 59 bcu : Cod. Manin 1246 (ex Priuli 107), c. n.n. 60 Vedi la descrizione della famiglia angaran da parte dell’autore anonimo del bnm : cod. Marc. it. vii, 942 (9014), p. 1, in prevalenza ostile alla maggior parte delle famiglie aggregate : « questi vennero da Vicenza ove possedevano fregio di nobiltà e titolo di conte ». Secondo l’autore la prima supplica fu respinta poiché una sola supplica avanzava la richiesta di aggregazione di numerosi rami. la famiglia Ferramosca fu accolta con simpatia secondo le testimonianze delle cronache di famiglie : « Questi vennero da Vicenza, e furno di anticha origine nobili, e nobili di quella città, della qual famiglia sono usciti soggetti, e per lettere, e per armi di molta stima ». bnm : cod. Marc. it. vii, 1760 (7852), c. 102, come anche la famiglia piovene : « questi vennero dalla città di Vicenza, conti, antichi nobili e di gran stima appresso i potentati d’europa per il valor delle armi ». bnm : cod. Marc. it. vii, 579 (8312), c. 102. così pure la famiglia Valmarana : « Questi discendono anticamente dagli antichi romani poscia si trasferirono nella città di Vicenza sin dalla dedizione della medesima operando rilevanti serviggi alla repubblica » : bnm : cod. Marc. it. vii, 942 (9014), c. 35. 61 Vedi bnm : cod. Marc. it. vii, 183 (8161), t. xiii, c. 295v : a brescia erano considerati nobili di nome bettignoli. nel 1327 si trasferirono a treviso, seguendo uno loro zio, azzo. a treviso furono denominati bressa per il luogo di origine. strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 291 nomici e politici nelle loro terre natali. 62 i voti favorevoli ottenuti al momento della presentazione della supplica al vaglio del Maggior consiglio sono la prova della benevola accoglienza da parte del patriziato veneziano. 63 essendo inoltre per lo più ricchissime, non costituivano un problema per le vecchie famiglie meno abbienti nell’aspirazione alle piccole cariche stipendiate. potevano invece validamente contribuire alle magistrature che comportavano una forte spesa, come i reggimenti, pur potendo entrare in situazioni di potenziale conlitto di interessi. 64 le famiglie dei cittadini originari, vere e proprie dinastie di funzionari della cancelleria ducale, erano anch’esse in una posizione privilegiata per entrare al Maggior consiglio : conoscevano intimamente il patriziato e avevano esperienza di tutti i meccanismi del potere veneziano. 65 inoltre dagli inizi del Seicento due disposizioni trasformavano l’‘ordine della cancelleria’ (di solito 80-100 persone in tutto) in una classe privilegiata all’interno del gruppo dei cittadini originari. il patriziato quindi, considerava queste famiglie già come un ceto dirigente, benché ancora ad un livello inferiore. 66 alcune di queste famiglie, come gli zon, aveva legami matrimoniali con famiglie patrizie. 67 gli antelmi, i Vianol, gli ottoboni potevano sostenere con decoro il passaggio al rango nobiliare. inoltre ciascuna di esse aveva sostenitori in seno al patriziato : i pisani per i Verdizzotti, i Savorgnan per gli antelmi e una lunghissima lista di case prestigiose per gli ottoboni. 68 i Vianol (aggregati nel 1658) avevano ten62 come le famiglie Savorgnan e Manin, originarie dal Friuli. Vedi l. Casella, I Savorgnan. La famiglia e le opportunità del potere (secc. xv-xviii), roma, bulzoni, 2003 ; p. Mainardis de Campo, Il grande disegno della famiglia Manin in Splendori di una dinastia. L’eredità europea dei Manin e dei Dolin, a cura di g. ganzer, Milano, electa, 1996, p. 58 ; F. Bianco, Le Terre del Friuli. La formazione dei paesaggi agrari in Friuli tra il xv e il xix secolo, Verona-Mantova, astrea, 1994, p. 73. 63 le famiglie poco desiderate come angaran (1655), ravagnin (1657), Valmarana (1658), papafava (1652), e Manin (1651) erano probabilmente vittime di una certa diYdenza sviluppatasi negli anni cinquanta nei confronti delle famiglie aggregate. negli anni quaranta e sessanta, il patriziato manifestava con il suo voto un grande entusiasmo nell’accogliere la nobiltà della terraferma. Secondo Davis, The Decline, cit., pp. 111-113, i nobili della terraferma erano considerati i più rispettabili tra gli aggregati, a diVerenza dei mercanti. come si può costatare, davis ha preso in considerazione solamente il criterio di rispettabilità, sempliicando una situazione ben più complessa. 64 l. Megna, Rilessi pubblici della crisi del patriziato veneziano nel xviii secolo : Il problema delle elezioni ai reggimenti, in Stato, società e giustizia nella Repubblica veneta (sec. xv-xviii), a cura di g. cozzi, roma, Jouvence, 1985, vol. ii, pp. 253-99 ; Sabbadini, L’acquisto della tradizione, cit., pp. 57-71. 65 b. Pullan, La politica sociale della Repubblica di Venezia 1500-1620, vol. i, Le Scuole Grandi, l’assistenza e le leggi sui poveri, roma, il Veltro, 1982, pp. 119-120 su dinastie di funzionari di Stato e sugli antelmi e Zannini, Burocrazia e burocrati cit., pp. 169-172. inoltre sull’argomento : g. Trebbi, La cancelleria veneta nei secoli xvi e xvii, « annali della Fondazione luigi einaudi », xiv, 1980, pp. 95, 109-110 ; Casini, Realtà e simboli, cit., pp. 195-251. cfr. le rilessioni di Grubb, Elite Citizens, in Venice Reconsidered, cit., pp. 339-364, che presenta una visione meno monolitica dell’élite cittadina. infatti, grubb dimostra che gli impiegati della cancelleria facevano parte dell’elite cittadina, ma non erano gli unici. anche se tale conclusione è accettabile, la contrapposizione proposta da grubb tra l’immagine tramandataci dai « politologici » della repubblica e le leggi, è metodologicamente fuorviante. esiste una diVerenza tra lo studio della legislazione sull’ammissione all’ordine cittadino, e il gioco sociale che considera numerosi altri fattori nell’attribuzione di una preminenza sociale ad una famiglia : la situazione economica, ad es., o il prestigio legato ad una carica. Un gastaldo o un mercante possono essere inluenti e potenti, ma non arrivarono mai ad eguagliare il prestigio legato alla carica del Segretario del consiglio dei X. certo è che essere funzionario della cancelleria ducale era solo una delle vie possibili di ascesa sociale all’interno dell’ordine cittadino. come già detto, alcune ricche famiglie tentavano altre vie, come le carriere ecclesiastiche a roma o il conferimento dei titoli nobiliari di altri principi. 66 nel 1633 i funzionari della cancelleria ottennero il privilegio di non dovere esibire prove d’età all’avogaria di comun per i loro igli, ma un semplice certiicato di battesimo. anche il meccanismo di reclutamento mutò nel corso del Seicento, abbandonando via via il criterio tecnico e meritocratico, per fare strada a un reclutamento più personale e soggetto a rapporti di famiglia e intrecci personali (Zannini, Burocrazia e burocrati, cit., pp. 176-177). 67 bnm : cod. Marc. it. vii, 579 (8312), c. 129, relativo alla famiglia zon : « havendo collocato in matrimonio 16 donne in nobili Veneti, una iglia delle quali fu dogaressa ». Forse si intende orsa zon Marcello, madre della dogaressa loredana q. giovanni alvise Marcello di S. giustina, che sposò il doge alvise 1° Mocenigo (doge tra 1570 e 1577). 68 Zannini, Burocrazia e burocrati, cit., p. 259. Secondo mcc, Cod. P. D. C 613/iv, c. 20, Verdizzotti comminciò come giovane in casa pisani e poi entrò in cancelleria, ma la storia è inattendibile. il suo padre, costantin, era avvocato. a confermare il legame tra le due famiglie è l’anonimo che scrisse nel 1664 le osservazioni su cento soggetti illustri del 292 dorit raines tato, sul modello degli ottoboni (che nel 1689 coronavano il successo familiare con l’elezione al soglio pontiicio di pietro col nome di alessandro Viii), anche la strada di roma. nel 1652 mandarono giacomo, iglio del cancelliere grande al concorso per l’auditorato di rota, ma non ebbero successo. 69 in sostanza gli autori anonimi dei trattati dell’‘anti-mito’ erano d’accordo sul fatto che i nobili della terraferma e il gruppo di segretari erano i candidati più idonei ad essere ammessi nel Maggior consiglio. 70 accanto a questi due gruppi esisteva un piccolo gruppo di quattro famiglie di avvocati del foro, cittadini che conoscevano a fondo la macchina statale e la classe dirigente, e che seppero arricchirsi con l’esercizio della professione legale, 71 anche se non tutte godevano della stima del vecchio patriziato, consapevole delle loro stratagemmi legali, talvolta fraudolenti. 72 Se contiamo il numero complessivo di famiglie appartenenti a questi tre gruppi (nobili, segretari e avvocati), abbiamo 34 famiglie su 75 aggregate tra 1646 e 1669, pari al 45,33%. 73 le famiglie rimanenti, di diverse provenienze e status civile costituiscono malgrado questi fattori d’eterogeneità sociale, 74 un solido gruppo di pressione caratterizzato da un denominatore comune : sono tutte famiglie di ricchi mercanti che desideravano tradurre il loro successo economico in chiave sociale e talvolta anche politica. Strategie di ascesa sociale riuscita la storia sociale delle grandi famiglie del commercio veneziano nel Seicento è poco nota. non c’è dubbio che all’indomani della guerra di cipro il commercio veneziano cambiò radicalmente. 75 il Seicento vide arrivare a Venezia un lusso continuo d’impatriziato, e che testimoniò che Marco pisani del banco, q. girolamo (1625-1665) era inluenzato dal segretario del consiglio dei X, Verdizzotti. Vedi Curiosità di storia veneziana, a cura di p. Molmenti, bologna, nicola zanichelli, 1919, p. 395. per quanto riguarda gli antelmi, nel 1642 andriana q. antonio sposò giacomo Savorgnan S. Stae q. ettore. Vedi Casella, I Savorgnan, cit., pp. 184-185. per la lista degli sostenitori degli ottoboni, Menniti Ippolito, Fortuna e sfortune, cit., p. 60. 69 Menniti Ippolito, Politica e carriere ecclesiastiche, cit., p. 175. Sul ruolo del cancellier grande e su agostino Vianol vedi Casini, Realtà e simboli, cit., pp. 237-238. 70 bcu : Cod. Manin 1246 (ex Priuli 107), c. n.n., poi dopo qualche pagina, riprende il discorso : « in questo numero di nobili nuovi, oltre quelle case segnalate per altra nobiltà come dissi ve ne sarà una ventina di molto civili così per origine nel loro paese [menziona prima labia], come per l’esercitio della cancelleria di Ven.a, ma tutto il resto sordidissime ne quali la maggior qualità che havessero era la Mercatura, e poi tra questi alcuni di mercantia vile et abietta ». cfr. Relazione sulla organizzazione, cit., p. 41 : « non nego che in questo numero vi sia una dozzina, forse, di nobili di terraferma e segretari che non portano tale sospetto ». la percentuale dei voti favorevoli nel Maggior consiglio conferma questa tendenza : le quattro famiglie della cancelleria ducale, rubini, ottoboni, Surian e zaguri, ebbero le percentuali più alte di voti favorevoli. Segue la famiglia dei Ferramosca, nobili di Vicenza. 71 Vedi la storia di camillo barbaran : « il conte camillo supplicante povero, per non dir scalzo, venne in Venezia dove presa la professione d’avocato, in cui si adoprò cosi bene, che avanzò le sue fortune, quanto bastò per acquistar la nobiltà » : bnm : cod. Marc. it. vii, 2226 (9205), c. n.n. cfr. bnm : cod. Marc. it. vii, 942 (9014), p. 6 per una versione leggermente diversa. cfr. Zannini, La presenza borghese, cit., pp. 259-260. 72 Vedi il giudizio su giuseppe ghedini : « il predetto iseppo tra primi del Foro era annoverato, ma in concetto di dire buggie nell’ultima renga in particolare, ove non ritrovava risposta per il che il giudice teneva l’occhio isso, e per questo capo era in poco concetto. accade un giorno (secreto di dio) che nella renga perse la memoria, disputando il contrario ch’doveva, sicché convenne alla Quarantia tagliar il pender per non pregiudicare all’innocente cliente. doppo tal caso niuno vi andò più al verso, e lui fuori di se stesso poco tempo doppo perde la vita » : bnm : cod. Marc. it. vii, 2420 (10647), pp. 75-76. 73 Sono diciasette famiglie nobili : angaran, ariberti, berlendis, bressa, conti, dondi orologio, Farsetti, Ferramosca, gambara, girardini, Manin, papafava, piovene, ravagnini, Santasoia, Valmarana, zacco ; tredici famiglie dei segretari nella cancelleria ducale : antelmi, cavazza, condulmer, dolce, Medici, ottoboni, rubini, Soderini, Surian, Verdizzotti, Vianol, zaguri, zon ; quattro famiglie di avvocati : barbaran, belloni, Ferro, e ghedini. 74 Vedi le osservazioni di Zannini, La presenza borghese, cit., p. 263. 75 r. t. Rapp, Industria e decadenza economica a Venezia nel xvii secolo, roma, il Veltro, 1986, pp. 184-190. per carlo livi, domenico Sella e Ugo tucci l’inizio della decadenza economica dovrebbe essere situata negli anni venti-trenta strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 293 migrati con il sogno di trovare una fonte di guadagno e di ricchezza che, talvolta, nell’arco di una generazione riuscirono ad esaudire il loro desiderio. per la maggior parte costoro potevano godere a Venezia già di appoggi di compaesani, parenti, o almeno potevano contare su una rete di legami e di sostentamento vitali per un rapido inserimento professionale. tra i gruppi di mercanti, aggregati tra 1646 e 1669, due in particolare meritano attenzione : i ricchissimi mercanti d’origine tedesca o spagnola, in possesso di titoli imperiali e le famiglie di provenienza bergamasca che spiccano soprattutto per il loro numero e la rete di legami. Un rapido sguardo alle loro traiettorie sociali può illuminarci circa il modus operandi di tali gruppi. 76 la famiglia Widmann, impegnata nel commercio di metalli, rappresenta un piccolo ma inluente gruppo di ricche famiglie di mercanti impazienti di valorizzare la loro posizione economica in città e di trasformare lo status ottenuto all’estero in un segno sociale tangibile nella città adottiva. parimenti famiglie come labia, Widmann e crotta, ricche e blasonate oltre i conini veneti, seppero condividere le loro risorse di parentele e d’inluenza per ottenere il titolo nobiliare veneziano. 77 i Widmann, nativi d’augusta, erano nel cinquecento al servizio dei grandi banchieri Fugger. Verso la ine del Quattrocento si stabilirono a Villaco in carinzia dove commerciavano tra Venezia e l’austria. nel 1586 giunse a Venezia giovanni, iglio di Martino e di Maria hoVer. egli si unì nel 1602 con Maria ott da Ulm, altra famiglia al servizio dei Fugger. nel 1614 giovanni ricevette un diploma di nobiltà dall’imperatore Mattia. nel 1629 il iglio, giovanni paolo (1605-1648), sposò camilla crotta, famiglia dei mercanti emigrati in Val canale nei pressi di Villaco, durante la prima metà del ‘500, conseguendo la nobiltà imperiale. 78 il sodalizio con i crotta era la naturale conseguenza dell’intreccio d’interessi di commercio in metalli, ma anche il seguito di un matrimonio avvenuto tra le due famiglie nella precedente generazione quando la zia di giovanni paolo, Susanna, andò in sposa ad antonio crotta. 79 i Widmann, ricchissimi e residenti tra Venezia e Villaco, sapevano mostrarsi magniici come spettava al loro rango di nobili imperiali. 80 ogni volta che gli ambasciatori veneziani presso la corte di Vienna passavano per Villaco, erano ricevuti « e lautamente spesati » dai baroni Widmann. 81 accanto ad una politica tutta veneziana, alcuni membri della famiglia abbracciarono anche la carriera militare, come il del Seicento, quando vari fattori come la guerra di trent’anni, la peste, la svalutazione della moneta turca e la concorrenza anglo-olandese, inluirono pesantemente sull’andamento del commercio e dell’industria (c. Livi, d. Sella, U. Tucci, Un problème d’histoire : la décadence économique de Venise, in Aspetti e cause della decadenza economica veneziana nel secolo xvii, Firenze, s.n., 1961, pp. 289-317 ; d. Sella, Commercio e industrie a Venezia nel secolo xvii, Venezia-roma, centro di cultura e civiltà, Fondazione giorgio cini, 1961, pp. 72-73). 76 Se, ad es., consideriamo un altro gruppo, di provenienza vicentina, che comprende complessivamente otto famiglie, si può costatare che il loro status sociale era così eterogeneo da impedire probabilmente la formazione di una solidarietà in grado di raVorzare la loro inluenza politica : quattro famiglie avevano origini nobiliari – angaran, Feramosca, piovene e Valmarana ; la famiglia barbaran esercitava la professione legale e tre famiglie – beregan, lazari, Mora, si occupano di commercio. 77 alla presentazione della supplica di Widmann, labia si premurò di informare il patriziato che il iglio di giovanni paolo Widmann, cristoforo, sarebbe divenuto presto cardinale, come avvenne. la notizie ebbe eVetto ai ini delle scelte del patriziato. Vedi Menniti Ippolito, Fortuna e sfortune, cit., p. 59. 78 F. Magani, Il collezionismo e la committenza artistica della famiglia Widmann, patrizi veneziani, dal Seicento all’Ottocento, Venezia, istituto Veneto di Scienze, lettere ed arti, 1989, pp. 10, 21 ; e. S. Rösch Widmann, I Widmann. Le vicende di una famiglia veneziana dal Cinquecento all’Ottocento, Venezia, centro tedesco di Studi Veneziani, 1980, pp. 3-8. anche la famiglia hoVer, consiglieri di Villaco, fu insignita nel 1588 di un titolo imperiale. 79 Rösch Widmann, I Widmann, cit., pp. 8-9. 80 alla morte nel 1634 di giovanni, i beni lasciati agli eredi ammontavano a 752.000 ducati (ivi, p. 8). 81 Vedi i casi di renier zeno e anzolo contarini nel 1638 e di giovanni grimani nel 1641 in ivi, p. 9. 294 dorit raines fratello di giovanni paolo, davide che, divenuto generale delle truppe pontiicie, acquistò fama nel 1649, espugnando la città di castro. la famiglia seguì anche il percorso dei labia che ‘investivano’ nelle prelature per far fare ai rampolli una carriera ecclesiastica attraverso una politica venale : cristoforo Widmann, fratello di giovanni e davide, assunse nel 1639 il titolo di protonotario apostolico e nel 1644 divenne auditore camerale. Subito dopo l’aggregazione della sua famiglia al patriziato veneziano fu nominato cardinale e poi legato ad Urbino. 82 la strada di prelature era già una strategia collaudata nell’italia post-tridentina dove l’intreccio tra poteri laici e poteri ecclesiastici inluiva anche sulle prospettive d’ascesa sociale e di mutamento delle fortune familiari. essa consentiva ai rampolli di famiglie benestanti e di status sociale elevato, anche se non nobiliare, di uscire dal ristretto mondo locale e di trovare uno sbocco per le loro ambizioni personali in concomitanza con una strategia familiare mirata a guadagnare più ‘visibilità’ sulla scena italiana. 83 Una molteplicità di percorsi individuali, dunque, volti ad investire e guadagnare prestigio in campi diversi. i Widmann trovarono a Venezia famiglie patrizie attente anche loro alla strada di prelature romane. lodovico Widmann (1611-1674), 84 fratello di giovanni paolo divenne grande amico d’antonio priuli, iglio del procuratore di S. Marco alvise detto Scarpon, del ramo di S. Felice e di gracimana nani. 85 il fratello d’antonio, girolamo fu anche lui auditore di rota dal 1652 al 1675. 86 Quindi aYnità di vedute, d’interessi, ma anche di cultura : antonio priuli e lodovico Widmann erano soci dell’accademia degli ordinati. 87 i labia, appartenevano alla cerchia capeggiata da battista nani ed erano sostenuti dai pisani di S. Maria zobenigo, una delle famiglie patrizie più ricche e inluenti della città. 88 anche i berlendis, ricchissimi mercanti bergamaschi, ma privi della nobiltà imperiale, seppero giocare la carta delle prelature ecclesiastiche. giulio berlendis partecipò nel 1643 come « maggiordomo » all’ambasciata in Francia d’angelo contarini e giovanni grimani per congratularsi con luigi XiV per l’ascesa al trono. intimo di giovanni giustinian, ambasciatore a roma tra 1648 e il 1651, divenne nel 1649 vescovo di belluno dopo le ripetute richieste di giustinian che irritarono la Santa Sede. l’amicizia con i cardinali Federico corner e pietro ottoboni si rivelavano utili quando seguì inalmente nel 1653 la consacrazione. 89 82 Menniti Ippolito, Politica e carriere ecclesiastiche, cit., pp. 163-165 ; Rösch Widmann, I Widmann, cit., pp. 10-11. il Widmann appartenne ai cardinali « confederati », creature di innocenzo X, che avrebbero dato il loro voto nel conclave solo a un candidato munito di virtù e pietà. È probabile che il suo protettore veneziano nella curia romana sia stato pietro ottoboni, uno dei protagonisti di questo gruppo (g. Signorotto, Lo squadrone volante. I cardinali ‘liberi’ e la politica europea nella seconda metà del xvii secolo, in La corte di Roma tra Cinque e Seicento “teatro” della politica europea, a cura di g. Signorotto, M. a. Visceglia, roma, bulzoni, 1998, p. 96). la famiglia ottoboni considerò sempre i labia come loro avversari nella corte romana, mentre i Widmann e i berlendis non costituirono una vera minaccia ai tentativi di pietro ottoboni di diventare il patrono dei Veneziani alla corte romana. Questa distinzione era dovuta al fatto che i labia usavano le loro fortune per arrivare al loro scopo, mentre gli ottoboni non potevano competere in ricchezza : vedi nota 30. 83 e. Fasano Guarini, Stato e chiesa nella creazione di forme di stratiicazione sociale e professionale, in Disuguaglianze : stratiicazione e mobilità sociale, cit., vol. ii, pp. 449-450 ; Carle, Le carriere indispensabili, cit., vol. ii, p. 467 ; J. Bergin, Between estate and profession : the Catholic parish clergy of early modern western Europe, in Social Orders & Social Classes, cit., 84 Su di lui Magani, Il collezionismo, cit., p. 23. pp. 77-78. 85 antonio fu governatore di galera nel 1656 sotto lorenzo Marcello, prese parte nella battaglia dei dardanelli e quindi diventò provveditore generale (Curiosità di storia veneziana, cit., p. 380). 86 Menniti Ippolito, Politica e carriere ecclesiastiche, cit., pp. 174-177. 87 M. Maylender, Storia delle Accademie d’Italia, bologna, cappelli, 1929, vol. iv, p. 141. 88 Curiosità di storia veneziana, cit., p. 381. 89 g. Benzoni, voce Berlendis, Giulio, in Dizionario Biograico degli Italiani (= dbi), ix, roma, istituto della enciclopedia italiana, 1967, pp. 115-116 ; Menniti Ippolito, Politica e carriere ecclesiastiche, cit., pp. 21, 45, 207. nel 22 strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 295 le opportunità di elevazione sociale tramite la carriera ecclesiastica richiedevano una solidità economica ben superiore alla media delle famiglie aggregate. non fu questo il caso dei bergamaschi che presentano situazioni di partenza molto eterogenee. 90 in primo luogo l’attribuzione di un’origine bergamasca, seppur veritiera, è ambigua, poiché al loro interno è possibile trovare famiglie insediatesi a Venezia già da qualche secolo che avevano da tempo acquisito lo status cittadino. eppure, ciò che importa in questo caso sono i meccanismi di solidarietà sociale consolidatisi nei secoli d’immigrazione : la comunità bergamasca a Venezia era caratterizzata da reti familiari e da un senso gerarchico che permetteva la formazione di un proprio ceto dirigente costituito dai più ricchi in grado di controllare tutte le alte cariche nelle arti e confraternite. 91 « Una smania di aVermazione sul piano sociale », osserva gino benzoni quando parla delle famiglie bergamasche. 92 nella prima aggregazione contano ben 21 famiglie, 93 pari al 26,9% dell’insieme degli aggregati. tra loro spiccano famiglie di avvocati come berlendis, Ferro e ghedini. le altre avevano invece un’origine mercantile : bergonzi, bonvicini, catti, 94 correggio, Fonte, giovanelli, giupponi, gozzi, Maccarelli, MaVetti, Martinelli, Minelli, nave, pasta, raspi, tasca, zanardi, e zolio. la presenza bergamasca a Venezia si era già segnalata nel corso del xv sec., dopo che l’annessione nel 1428 del territorio di bergamo alla repubblica aveva comportato il riconoscimento ai sudditi dello status ‘de intus’. 95 tale status consentiva loro di maggio 1649 in una lettera mandata dalla Segreteria di Stato al nunzio si trova il commento seguente : « è incredibile la frequenza con la quale egli [giustinian] insiste per la provvisione de’ suoi domestici in qualunque occorrenza di beneicio che vachi et ultimamente per ottener la chiesa di belluno al suo maggiordomo ha con tanta multiplicità et importunità d’oYtii e di mezzani e con maniere così violente stancate l’orecchie di n. Signore ». 90 Si vedano i dati forniti da J. Georgelin, Venise au siècle des lumières, paris-la haye, Mouton, 1978, pp. 480-485, estratti da mcc : Cod. P. D. C 347 e relativi alla prima metà del Settecento. i redditi annuali in ducati erano i seguenti : giovanelli - 30.000, Fonte - 12.000, MaVetti - 10.000, berlendis, bonvicini - 8.000, correggio - 6.000, Martinelli - 5.000, Ferro - 4.000, Minelli, nave, tasca - 3.000, zanardi - 2.000, pasta, ghedini - 1.000, raspi - 500. per quanto riguarda le altre famiglie all’epoca erano già estinte o non risultano i dati. Mentre le famiglie di ricchi mercanti che tentano prima la via di carriere ecclesiastica come labia e Widmann, sono economicamente più agiate : labia - 34.000, Widmann - 20.000. 91 Sul fenomeno della formazione di una rete di solidarietà sociale basata su origine geograica comune si veda S. n. Eisenstadt, The Absorption of Immigrants. A Comparative Study Based Mainly on the Jewish Community in Palestine and in the State of Israel, london, routledge & Kegan paul ltd., 1954, pp. 17-18 ; J. M. Imizcoz Beunza, Communauté, réseau social, élites. L’armature sociale de l’Ancien Régime, in Réseaux, familles et pouvoirs dans le monde ibérique à la in de l’Ancien Régime, a cura di J. l. castellano, J.-p. dedieu, paris, cnrs éditions, 1998, pp. 53-56 : per la peninsola iberica nell’Ancien Régime. 92 g. Benzoni, Venezia e Bergamo : implicanze di un dominio, « Studi Veneziani », n.s., xx, 1990, p. 38. 93 georgelin, seguito da benzoni, conta 18 famiglie bergamasche tra le aggregate. georgelin si basa sui dati forniti in bnm : cod. Marc. it. vii, 1908 (9045), Miscellanea : Discorsi di nobili veneti, xvii-xviii secoli, che costituisce solo una delle tante fonti di informazione sulle famiglie aggregate. Vedi Georgelin, Venise au siècle des lumières, cit., p. 625 ; Benzoni, Venezia e Bergamo, cit., p. 38. Sulle fonti relative alle famiglie aggregate, Raines, L’invention du mythe aristocratique, cit., pp. 713, 763-770. 94 le cronache di famiglie attribuiscono ai catti un’origine tedesca (vedi bnm : cod. Marc. it. vii, 1760 (7852), c. 100 ; bnm : cod. Marc. it. vii, 579 (8312), c. 52v ; asv : Misc. Codici i, Storie Venete 43/i (già Misc. codici 740/i), c. 6. Forse facevano parte di quelle famiglie di origine svizzera trasferitesi a bergamo nel corso del cinquecento. Si veda a riguardo S. Honegger, Gli svizzeri di Bergamo. Storia della comunità svizzera di Bergamo dal Cinquecento all’inizio del Novecento, bergamo, edizioni Junior, 1997, pp. 11-16. l’unico autore che attribuisce alla famiglia una provenienza bergamasca è zilioli in bnm : cod. Marc. it. vii, 549 (7942), p. 299. Secondo a. Tenenti, Naufrages, corsaires et assurances maritimes à Venise, 1592-1605, paris, sevpen, 1959, p. 8, i catti erano di bergamo e ottennero nel cinquecento la cittadinanza originaria. Verso la ine di questo secolo troviamo due fratelli catti notai residenti a S. Marcuola, che si occupavano di assicurazioni marittime. 95 a. Zannini, Flussi d’immigrazione e strutture sociali urbane. Il caso dei bergamaschi a Venezia, in atti del Seminario di studi su Le migrazioni interne e a media distanza in Italia, 1500-1900, livorno, 11-12 giugno 1993, « bollettino di demograia Storica », 19, 1993, p. 210, chiama Venezia alla ine del cinquecento « la seconda città del bergamasco » proprio per il 296 dorit raines esercitare il commercio interno nella città di Venezia e di entrare nelle varie arti. 96 nel 1476, i bergamaschi erano già in maggioranza nella corporazione dei tessitori di seta. 97 nel 1525 presentarono una petizione ai cinque Savi alla mercanzia per ottenere il diritto di praticare il commercio con il levante. la richiesta fu esaudita « per beneicio della mercantia e delli dacii nostri », ma alla maniera veneziana : si ribadiva la legge in vigore dal 1305, ma si alleggeriva l’iter dell’esame delle richieste. 98 i bergamaschi si rivelavano quindi già dall’inizio del cinquecento un gruppo di pressione organizzato ed eYciente. la massiccia presenza bergamasca, dovuta tra l’altro a una crescita demograica della popolazione di bergamo e dintorni 99 e alle carestie che avevano colpito la città agli inizi del Quattrocento, 100 indusse l’autorità ad intervenire in varie riprese per limitare la loro presenza tra le alte cariche delle corporazioni. 101 Secondo le ricerche di andrea zannini sui contratti di garzonato, la presenza dei bergamaschi alla ine del cinquecento è preponderante soprattutto nel commercio al minuto e nel settore alimentare. inoltre, nello stesso secolo, un garzone forestiero su quattro proveniva dal bergamasco. nel Seicento il numero dei garzoni bergamaschi diminuì progressivamente e parallelamente si accentuò la diVusa presenza dei bottegai bergamaschi che accoglievano garzoni compaesani o parenti. 102 le cronache che descrivono le nuove famiglie aggregate interpretarono questa realtà economica in chiave sociale. Si accenna molto spesso agli umili inizi di carriera di diversi aggregati come garzoni di bottega, insinuando maliziosamente sulle loro capacità di avanzare sposando la iglia del padrone, assumendo la direzione dell’azienda o, addirittura, riuscendo ad ereditare l’attività. 103 in altri numero di bergamaschi ivi residenti. infatti, l’immigrazione di operatori specializzati nell’arte, come i lucchesi, che inizia nel trecento, divenne un polo di attrazione nel Quattrocento per immigrati venuti da zone venete prive da una tradizione nel settore serico, per apprendere il mestiere. l. Molà, r. c. Mueller, Essere straniero a Venezia nel tardo Medioevo : accoglienza e riiuto nei privilegi di cittadinanza e nelle sentenze criminali, in Le migrazioni in Europa secc. xiii-xviii, a cura di S. Cavaciocchi, prato, istituto internazionale di Storia economica « F. datini »-le Monnier, 1994, p. 847. le prime famiglie da arrivare tra quelle aggregate nel Seicento sono probabilmente tasca e Vianol. la famiglia tasca, aggregata nel 1646, era considerata come giunta dal bergamasco verso il 1340 : bnm : cod. Marc. it. vii, 1760 (7852), c. 97 ; sempre secondo le cronache, la famiglia Vianol era arrivata a Venezia nel duecento : bnm : cod. Marc. it. vii, 579 (8312), c. 124. 96 Zannini, Flussi d’immigrazione, cit., p. 208. 97 Molà, Mueller, Essere straniero a Venezia, cit., pp. 846-847. 98 Bellavitis, Identité, mariage, mobilité sociale, cit., pp. 32-39. Questa procedura, abolita nel 1534, venne ripristinata nel 1552. 99 lanaro dimostra che l’andamento della demograia bergamasca è diverso da quello di altre città venete : la popolazione crebbe dal Quattro ino al Settecento, mentre la maggior parte delle altre città appaiono in calo, eccetto forse Vicenza ino alla peste del 1630, che fornì molti immigrati alla capitale : p. Lanaro, I mercati nella Repubblica Veneta. Economie cittadine e stato territoriale (secoli xv-xviii), Venezia, Marsilio, 1999, pp. 83-84. Ma i bergamaschi registrano nel Quattrocento una forte presenza dovuta al fenomeno di immigrazione anche in altre zone del Veneto e della lombardia come brescia e Verona (Eadem, Economia cittadina, lussi migratori e spazio urbano in terraferma veneta tra basso medioevo ed età moderna in La città italiana e i luoghi degli stranieri xiv-xviii secolo, a cura di d. calabi, p. lanaro, 100 Pullan, La politica sociale, cit., vol. i, p. 333 ss. roma-bari, laterza, 1998, pp. 73-77). 101 Molà, Mueller, Essere straniero a Venezia, cit., pp. 846-847 ; Zannini, Flussi d’immigrazione, cit., p. 209 : nel 1491 le autorità limitarono l’accesso alle dieci cariche principali dell’arte dei tessitori di seta ad un massimo di tre rappresentanti per ogni provincia ; i bergamaschi aggirarono la disposizione eleggendo i igli nati a Venezia, come veneziani. il braccio di ferro durò ino al 1520. donato giannotti parla già nel 1540 dei « bergamaschi et altri forestieri, de’ quali la città nostra è tutta piena » (D. Giannotti, Libro de la Republica de’ Vinitiani, roma, baldo, 1540, c. 20r, citato in S. Favalier, L’immigration bergamasque à Venise dans la seconde moitié du seizième siècle : phénomène historique et conséquences littéraires, thèse du doctorat, Université paris iv, 1992, p. 55). 102 Zannini, Flussi d’immigrazione, cit., pp. 210-211. cfr. Favalier, L’immigration bergamasque cit., pp. 64-65. 103 Si veda il caso di giovanni andrea zanardi, che prima fece il facchino, poi « garzon di bottega », poi « giovine del negozio » e di cui poi divenne proprietario, « con che arichì molto la sua casa » : bnm : cod. Marc. it. vii, 2420 (10647), pp. 32-33. cfr. il caso di un vicentino di nome anzolo lazari che lavorò a Vicenza come « garzzone in una bottega strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 297 casi si evidenziano i loro costumi incivili, contrapposti al mondo raYnato della nobiltà veneziana. 104 i bergamaschi a Venezia, oltre all’opportunità di diventare cittadini originari, 105 sapevano approittare dalla loro presenza numerica per posizionarsi nei posti di potere nelle arti. erano anche consapevoli che attraverso le opere di carità potevano creare una rete di solidarietà e di soccorso nei riguardi dei meno abbienti. in questo modo speravano di inserirsi nella politica sociale della repubblica veneziana, tesa ad alleviare le tensioni sociali. Usando la loro posizione come direttori delle istituzioni di carità, cercavano di creare dei legami di indipendenza con i poveri nobili costretti ad usare la benevolenza per sfamare la loro famiglia. 106 il legame tra i bergamaschi e il mondo assistenziale era un fenomeno di antiche radici. già nella seconda metà del xii sec., quindi ben prima del diVondersi di un nuovo atteggiamento verso la carità e i poveri, promossa dai francescani nel corso del xiii sec., bergamo fu interessata da una ioritura di istituzioni ospedaliere, in gran parte promosse da laici. a quell’epoca risale anche la nascita del fenomeno umiliato, volto ad assistere i poveri e i malati attraverso azioni di carità. gli umiliati, che a bergamo per iniziativa di ricchi cittadini quali landolfo della crotta e crasso di Scano, fondarono due ospedali, rispecchiano la necessità di soccorrere un’ area di povertà latente. Famiglie benestanti come i bergonzi si mostrarono allora favorevoli all’iniziativa attraverso doni e lasciti, frammischiando devozione, spirito di carità e consapevolezza della necessità di stroncare attraverso l’assistenzialismo delle tensioni sociali. 107 altre strutture ospedaliere fondate nella città all’inizio del secolo di spadaria favorito della fortuna si resse col corso del tempo di quella padrone », lasciando ai igli grande ricchezza. bnm : cod. Marc. it. vii, 183 (= 8161), t. xiii, c. 307. 104 berlendis : « di bassa condizione » (bnm : cod. Marc. it. vii, 2226 (9205), c. 8r) ; bonvicini : « bergamaschi che vuol dire industriosi ... gente per altro di costumi grossolani nei maschi, ma le femine spiritose » (bnm : cod. Marc. it. vii, 2226 = 9205, c. n.n.) ; correggio : al momento della supplica al doge Molin, « conoscendosi destituito di merito era per smarire il coraggio, il dose gli respose queste formali parole : avete voi li cento mille, e dicendo di sì, s’aggiunse il dose : questo tanto vi basti » (bnm : cod. Marc. it. vii, 2226 (9205), c. 14, e cfr. bcu : Cod. Manin 1246 (ex Priuli 107) c. n.n, le stesse parole) ; MaVetti : « con la solita oVerta di 100 mila si fecero del Maggior consiglio includendo anco gl’altri fratelli che abitarono in bergamasca, quali avevano quello parlare, sicché nel broglio la nobiltà si prendeva di loro piacer, mentre li primi due con il loro soggiorno in Venezia s’incivilirono cosí a questi altri li parve di venire ad un’altro mondo » (bnm : cod. Marc. it. vii, 942 (9014), p. 27) ; Minelli : « Questi vennero da bergamasca, erano di popolo grasso, e venderono salami, e si maneggiavano con le proprie mani, e vilmente con cestarioli e bottegari giocavano in strada publica alle barette il doppo pranso con traversa » (bnm : cod. Marc. it. vii, 2420 (10647), p. 24). cfr. la descrizione dei bergamaschi fatta da tommaso garzoni nell’opera La Piazza universale, Venezia, Somasco, 1585, p. 815 : « el gesto è poltronesco, il moto è asinesco, l’atione è ignorantesca, il procedere è babbionesco, che non potrebbe essere maggiore », esempio citato da Favalier, L’immigration bergamasque, cit., pp. 135-137. 105 Su più di 3.500 privilegi di cittadinanza rilasciati tra 1300 e 1500, la maggior parte (670) furono concessi ai toscani, 540 ai veneti e 515 ai lombardi (r. c. Mueller, ‘Veneti facti privilegio’ : stranieri naturalizzati a Venezia tra xiv e xvi secolo, in La città italiana, cit., pp. 41-51). nel cinquecento e Seicento furono i bergamaschi ad essere la maggioranza di coloro che chiesero la cittadinanza : 90 casi su 190 richieste. Vedi Bellavitis, Identité, mariage, mobilité sociale, cit., pp. 53-54. nel 1603 si presentarono otto candidati : di questi due erano bresciani, uno vicentino, un cipriota e quattro bergamaschi come i fratelli donato e Marco di gregorio Maccarelli, mercanti di lana, vissuti entrambi a Venezia per 24 anni nella casa del padre. Secondo la loro dichiarazione erano sposati da circa 16 anni con donne veneziane ; il padre, probabilmente cittadino dal 1590, aveva trascurato di chiedere la cittadinanza per i igli. i secondi erano i fratelli giovanni alvise ed antonio di raspiche che dichiaravano di aver vissuto a Venezia da oltre 40 anni e di essere impiegati in diversi negozi mercantili, soprattutto lavoratori o commercianti di cuoio : Pullan, La politica sociale, cit., pp. 115-116. 106 i bergamaschi a Venezia, malgrado la reticenza ad essere identiicati con il loro luogo natio, come osservato nel rapporto di giovanni da lezze nel 1596, dimostravano una forte tendenza a vivere in comunità : si possano identiicare delle « isole » bergamasche in parrocchie vicine a rialto come S. Silvestro, S. aponal, S. Salvador, ma anche a S. Moisè e a S. giovanni novo. gli immigrati stabilivano dei legami di solidarietà attraverso una rete di accoglienza dei nuovi arrivati, e lasciti a istituzioni di carità (Favalier, L’immigration bergamasque, cit., pp. 55, 78-101). 107 M. t. Brolis, Gli umiliati a Bergamo nei secoli xiii e xiv, Milano, pubblicazioni dell’Università cattolica del Sacro cuore, 1991, pp. 29-31. 298 dorit raines successivo, appartenevano ai crociferi, che seguivano la regola di s. agostino. in seguito, bergamo seppe organizzare le sue strutture di carità e di assistenza verso le fasce più deboli della città. nel 1457 il decreto istitutivo dell’ospedale grande di S. Marco a bergamo prospettò la fusione di diverse piccole strutture ospedaliere la cui esistenza risaliva al xii sec. per promuovere la fondazione di un’ unica struttura ben organizzata ed eYciente. 108 nel 1481 girolamo Miani, un patrizio veneziano di famiglia poco inluente già conosciuto per la sua attività caritativa, fondò la congregazione dei chierici regolari di Somasca, che s’ispirava dalla regola di s. agostino. il nome della congregazione traeva origine da un borgo del bergamasco dove si era inizialmente costituita. 109 l’iniziativa sembrava ispirarsi appunto allo spirito del territorio, sensibile verso l’assistenza e la carità, ed era stata ispirata da pietro lippomano, vescovo di bergamo, vicino a gasparo contarini. 110 la congregazione aveva come missione l’assistenza agli orfani, tramite un programma articolato di educazione e d’istruzione in collegi istituiti allo scopo. 111 nel 1537, un seguace di Miani, il bergamasco giovanni bartolomeo borello, fondò a sua volta a Venezia la pia Fraterna grande dei poveri Vergognosi di S. antonin, che aiutò le fasce sociali più deboli della città, specialmente quelle del patriziato. 112 era una scelta logica e in sintonia con la politica somasca di educare gli orfani, molte volte scelti tra famiglie meno abbienti, ma di status sociale elevato. 113 i bergamaschi avevano così l’occasione di porsi in buona luce e di esercitare attraverso quest’istituzione una considerevole inluenza tra i poveri patrizi, ma anche tra i ‘grandi’ che apprezzavano il soccorso oVerto ad orfani e vedove provenienti da famiglie patrizie. 114 il contributo più cospicuo alla fraterna fu oVerto dal mercante di biade, Vidal berlendis q. giovanni, che alla sua morte, nel 1651, lasciò alla fraterna 10.000 ducati. 115 Seguivano altre famiglie dei mercanti di origine bergamasca, che come i berlendis, furono aggregate al patriziato : correggio e bergonzi. 116 Seguendo la strategia di ascesa sociale di queste due famiglie si possono così capire le ragioni che indussero all’aggregazione di un gran numero di famiglie, malgrado i diversi intendimenti iniziali. la storia dei correggio (aggregati nel 1646) possa servire da esempio dell’uso di diverse strategie di ascesa sociale. 117 Un ramo della famiglia arrivò sulla laguna 108 Pullan, La politica sociale, cit., vol. i, pp. 219-220. ivi, vol. i, pp. 248, 278-79, 297 ; M. Sangalli, Cultura, politica e religione nella Repubblica di Venezia tra Cinque e Seicento, Venezia, istituto Veneto di Scienze, lettere ed arti, 1999, pp. 364-365. 110 Pullan, La politica sociale, cit., pp. 244, 282. la famiglia lippomano era da tempo conosciuta per la sua fedeltà verso il papato. 111 a. Barzazi, Patriziato e studi a Venezia nella seconda metà del Seicento : alla scuola dei somaschi, « Studi Veneziani », 112 Megna, Ricchezza e povertà, cit., p. 141. n.s., xliv, 2002, pp. 37-89. 113 Pullan, La politica sociale, cit., vol. i, pp. 407-408. 114 già gasparo contarini mostrava nel 1516 una preferenza marcata di privilegiare i poveri vergognosi, specialmente i patrizi caduti in disgrazia, nella politica assistenziale dello Stato. inoltre, i bergamaschi furono inluenzati dall’attività di carlo borromeo, sulla scia della riforma tridentina, e si adoperarono dal 1575 per la realizzazione di opere caritative e l’organizzazione di un servizio di assistenza ai bisognosi della città : vedi Pullan, La politica sociale, cit., vol. i, pp. 246, 366-368. 115 Megna, Ricchezza e poverta, cit., p. 144. anche il vescovo di belluno, giulio berlendis, dispose nel suo testamento del 1691, elargizioni di denaro alle « povere vedove vergognose, che abbiano più igliuoli » (Benzoni, voce Berlendis, Giulio, cit., p. 116). 116 Vedi asv : Fraterna Grande di Sant’Antonin, commissarie d (correggio) e F (bergonzi). da segnalare che la Fraterna si occupava anche dei bisognosi provenienti dai lavoratori di seta o di lana, ciò che era in linea con l’occupazione dei bergonzi. Vedi Pullan, La politica sociale, cit., vol. i, p. 408. 117 Vedi i casi dei bergamaschi che nel corso del cinquecento agiscono prima come agenti dei nobili per poi mettersi in proprio. Bellavitis, Identité, mariage, mobilité sociale, cit., pp. 60-63. 109 strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 299 nel cinquecento, mentre un altro rimase nella città natale. l’attività commerciale della famiglia, tra le più ricche in città, 118 si estendeva dai pellami ai traYci di olio, vino, farina e spezie. 119 negli anni quaranta del Seicento giunse a Venezia loro parente zuanne Maria che avviò una propria attività commerciale. la famiglia aveva stretto un’alleanza matrimoniale alla ine del cinquecento con la famiglia gozzi (aggregata nel 1646), mercanti di seta e conterranei 120 e, negli anni trenta, con la famiglia dolce (aggregata nel 1657) della cancelleria ducale grazie al matrimonio di zuanne dolce con giulia correggio. inoltre, zuanne era associato in aVari con aurelio rezzonico (famiglia aggregata nel 1687), agostino Fonseca (famiglia aggregata nel 1664) e giovanni Widmann (famiglia aggregata nel 1646), altre ricchissime famiglie di mercanti. i correggio non esitarono a servirsi per contatti esterni anche di pietro e Verità zenobio (aggregati nel 1647) residenti a Verona, e del cognato zuanne dolce, segretario dell’ambasciatore a roma angelo contarini nel 1645. 121 dietro le suppliche presentate da famiglie desiderose di entrare in Maggior consiglio, esistevano indubbiamente manovre politiche, economiche e sociali volte a organizzare una lobby patrizia forte e capace di sostenere il candidato al momento del voto. le vicende dei bergonzi, 122 ricchi mercanti di seta, possono dimostrare come tali lobbies erano organizzate. Un ramo della famiglia arrivò a Venezia da alemanno, nei pressi di bergamo, già nel corso del cinquecento. 123 annalisa bruni ne ha rilevato l’esistenza nel cinquecento nella parrocchia di S. Salvador. nel 1581 i fratelli tommaso e battista, entrambi « marceri » (operanti nel settore del commercio al minuto) chiesero e ottennero la cittadinanza originaria. 124 nello Stato d’anime del 1594, si rileva che i fratelli ormai tenevano due fuochi distinti nella stessa contrada : tommaso risultava « marcer alla regina », mentre battista era « marcer alla Madonna ». 125 il legame diretto tra i bergonzi aggregati in seguito e quelli residenti verso la ine del cinquecento a S. Salvador è solamente circostanziale, ma si può supporre che come nel caso della famiglia gozzi, illustrato da anna bellavitis, un nipote fosse stato inviato giovane ad assistere gli zii già insediati a Venezia. 126 infatti, quando nel 1593 i fratelli zorzi e giambattista q. nicolò bergonzi divisero i propri beni, si rileva che mentre giambattista era ancora residente in alemanno, zorzi è già inserito nel tessuto so118 l. Borean, La quadreria di Agostino e Giovan Donato Correggio nel collezionismo veneziano del Seicento, Udine, Forum, 2000, p. 28 : secondo i suoi calcoli la famiglia aveva immobili per valore eVettivo di 80.000 ducati, cifra raggiunta da pochi secondo a. Cowan, The Urban Patriciate. Lübeck and Venice, 1580-1700, Köln-Wien, böhlau Verlag, 1986, p. 83. 119 Secondo Borean, La quadreria, cit., pp. 23-25, la famiglia aveva nella calle nei pressi del Fondaco dei tedeschi una bottega di cordellame. Fino al 1633 risiedeva a S. lio, poi si trasferì a S. cassiano. Vedi sull’attività commerciale della famiglia a cavallo tra il cinquecento e il Seicento e gli aVari con le famiglie nave, Fonte e catti in Tenenti, Naufrages, cit., pp. 74, 84, 466-467, 484, 552. 120 Sul loro cospicuo patrimonio vedi Rapp, Industria e decadenza, cit., pp. 190-195. Sulla famiglia e il suo inserimento sociale, Bellavitis, Identité, mariage, mobilité sociale, cit., pp. 86-88. 121 Borean, La quadreria, cit., pp. 23-28. labia e zenobio erano originari di avignone, prima di arrivare a Verona. Toussaint de Limojon, La ville et la République de Venise, cit., p. 44. 122 Sulla famiglia è di prossima pubblicazione un saggio dedicato alle collezioni d’arte di linda borean, che ringrazio per avermi indicato questa fonte. 123 a bergamo era conosciuta già nel xiv secolo come famiglia di tradizione notarile e molto benestante con case e torri vicino a S. giovanni evangelista. Brolis, Gli umiliati a Bergamo cit., p. 108. Ma la loro zona di origine era la Val calepio, nella parte centro-orientale del bergamasco, una delle zone più povere. Vedi ivi, pp. 106, 118 ; Favalier, 124 asv : Collegio, Suppliche di dentro, fz. 7, c. 62. L’immigration bergamasque, cit., pp. 12-13. 125 a. Bruni, S. Salvador. Storia demograica di una parrocchia di Venezia tra xvi e xvii secolo, tesi di laurea, Facoltà di lettere e Filosoia, Università ca’ Foscari di Venezia, a a. 1983/1984, p. 56. ringrazio l’autrice per avermi gentilmente 126 Bellavitis, Identité, mariage, mobilité sociale, cit., p. 87. concesso la consultazione. 300 dorit raines ciale veneziano. 127 in seguito, tra il 1602 e il 1609, lo stesso zorzi e un altro bergonzi di nome bernardo, risultano coinvolti nel commercio marittimo importando zucchero dal portogallo e vino da zante e esportando a costantinopoli drappi di seta. 128 nel testamento, redatto nel 4 agosto 1614, zorzi si riferì esplicitamente alle ultime volontà di Marc’antonio rubbi, probabilmente parente di dorotea rubbi, moglie del « marcer alla Madonna », battista. 129 nel testamento zorzi, che si dichiarava mercante di panni di seta e residente a S. Salvador, nominò eredi universali i nipoti, igli del fratello giambattista, nicolò e Francesco. 130 Morti zorzi e nicolò, 131 fu concessa nel 1637 a Francesco bergonzi « mercante di seta ai tre Manti in Merceria » la cittadinanza originaria. 132 Questi intuì allora che la sua ascesa sociale sarebbe stata favorita, se fosse stato in grado di entrare nel cuore delle istituzioni cittadine, attraverso le opere di carità. nel 1638 lo troviamo cassiere dell’ospedale dei Mendicanti. 133 Uno dei grandi benefattori dell’ospedale fu proprio un mercante della Valle Sabbia in territorio bresciano, bartolomeo bontempelli detto dal Calice, legato in amicizia tramite i gozzi anche alla famiglia tasca, parenti dei bergonzi, e socio in aVari con i fratelli gioacchino e Salvatore rubbi, che avevano legami di parentela con i bergonzi. 134 era una comunità unita i cui membri, prevalentemente bergamaschi, si sostennero a vicenda e dove Francesco bergonzi si presentò come un personaggio di spicco dell’ospedale. 135 la direzione principale degli aVari dei bergonzi andava verso costantinopoli, dove esportavano i loro panni. già negli anni 1637-1640, il cugino di Francesco, bartolomeo, iglio di battista « il marcer » e sposo di isabetta tasca, si mise in aVari con il bailo, alvise contarini, che aveva stretto dei rapporti commerciali anche con andrea cappello, girolamo Flangini e giambattista rubini. 136 bergonzi non gradiva per niente la concorrenza, né i guadagni che sembravano inferiori alle aspettative. 137 il cugino Francesco aveva imparato da quest’esperienza. cinque anni dopo l’ottenimento della cittadinanza originaria, Francesco si mise in società 127 Vedi asv : Fraterna Grande di Sant’ Antonin, commissaria bergonzi, b. 3, n. 24, la divisione è del 1° giu. 1593. Vedi Tenenti, Naufrages, cit., pp. 338, 543, 548, 555. 129 asv : Fraterna Grande di Sant’ Antonin, commissaria bergonzi, b. 3, n. 19. Vedi l’albero genealogico dei fratelli battista e tommaso, ricostruito in a. Bruni, Mobilità sociale e mobilità geograica nella Venezia di ine ‘500 : La parrocchia di San Salvador, « annali Veneti. Società, cultura, istituzioni », 2, 2, 1985, p. 78. Sarebbe lecito supporre che nicolò, padre di zorzi, sia stato fratello di battista e tommaso. inoltre non lo troviamo elencato nei registri parrocchiali di S. Salvador perché come si rileva dalla divisione dei beni di suoi igli : zorzi e il fratello giambattista, egli era sempre residente a alemanno (asv : Fraterna Grande di Sant’ Antonin, commissaria bergonzi, b. 3, n. 24). 130 ivi, b. 3, n. 19. 131 nicolò morì nel 1625, sulla base del documento relativo alla divisione dei beni (ivi, b. 3, n. 24. il testamento risale al 3 nov. 1623 : vedi ivi, b. 3, n. 20). 132 ivi, b. 15, n. 100 : cittadinanza concessa a Francesco bergonzi il 30 luglio 1637. 133 ivi, b. 15, n. 28. Francesco è cassiere nel 1638 e ancora nel 1644-1645. 134 il fratello di bontempelli, grazioso sposò anna rubbi, sorella di gioacchino e di Salvatore. U. Tucci, voce Bontempelli (Bontempelo) dal Calice (Casalese), Bartolomeo, in dbi, xii, 1970, pp. 426-427 ; Bellavitis, Identité, mariage, mobilité sociale, cit., p. 88. Vedi anche note 120, 129, 155. 135 bergonzi divenne membro inluente dell’ospedale proprio negli anni che seguirono la chiusura dei lavori al complesso ospedaliero e che videro l’inaugurazione della chiesa (1636) come ultimo tassello di questa nuova realtà di una delle congregazioni laiche della città voluta dal Senato con un decreto del 1595 per oVrire conforto ai mendicanti e orfani, ma che in realtà si preoccupava di trovare lavoro ai poveri. F. Semi, Gli “Ospizi” di Venezia, Venezia, edizioni helvetia, 1983, pp. 74-75, 131-134 ; Pullan, La politica sociale, cit., pp. 390-400. 136 Vedi le lettere di cappello, Flangini e rubini, mandate tra il 1637 e 1640 al contarini in bnm : cod. Marc. it. vii, 1179 (8878), cc. 1-234. 137 in una lettera datata il 5 marzo 1639 bartolomeo bergonzi scrisse al contarini : « l’haver fatto compagnia con Vostra eccellenza io ho messo tutto il capitale, tutte le fatice, tutti li travagli per ricever da Vostra eccellenza qualche preminenza, e protettione, hora mi vedo aVatto derelitto, et abbandonato » (ivi, c. 235). 128 strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 301 con l’allora bailo a costantinopoli, giovanni Soranzo, per il commercio di panni di seta. 138 il contratto della compagnia, stipulato tra il bailo da una parte e Francesco bergonzi e il socio anton Maria orobon, dall’altra, 139 non lascia dubbi sui beneici reciproci : bergonzi e orobon dovevano fornire alla società panni di seta a prezzo « ragionevole e vantaggioso » ; il bailo, dal canto suo, aveva l’onere di « condur seco tutte le sudette pannine, che le saranno [...] consegnate da bergonzi e orobon sotto la sua custodia, et autorità, essenti d’ogni spesa, et di quelle che doveranno inviar dopo la sua partenza, procurar che godino tutte quelle maggior esention di datj ». inoltre era stipulato che dopo la vendita dei panni gli utili previsti sarebbero stati divisi come segue : 60% al bailo e 40% ai due altri soci. il bailo chiese e ottenne da bergonzi e orobon un prestito al 10% della somma che doveva investire nella società appena fondata. 140 Francesco si assicurò anche che il ‘suo’ bailo avrebbe investito in proprio nella società, anche se poi furono lui e il socio a prestare la somma necessaria al Soranzo. l’aVare si rivelò molto vantaggioso per bergonzi 141 che vide i suoi panni esentati dalle imposte e condotti sotto la protezione del bailo. Ma lo fu anche per Soranzo che poteva ottenere facili guadagni senza investire nella società capitali propri. gli aVari andarono avanti per ben tre anni, ma lo scoppio della guerra di candia sconvolse tutti i piani. inoltre, il bailo, ritenuto rappresentante del nemico, fu arrestato dai turchi. Quando nel 1650 tornò a Venezia, il patriziato si meravigliò delle somme di denaro dilapidate nei ridotti. 142 correva voce che Soranzo si fosse arricchito a scapito dell’erario pubblico, essendo il bailo, « l’unico ministro de’ principi che possa rubare senza scrupolo ». 143 Ma Soranzo, dopo un breve periodo di disgrazia, riacquistò presto la sua inluenza sulla scena politica. bergonzi e Soranzo continuarono probabilmente a frequentarsi e a condividere le stesse opinioni. bergonzi, vicino ai Somaschi, vide l’ex socio in aVari parlare con vigore contro il ritorno dei gesuiti. 144 esaurito il legame commerciale con Soranzo, ormai tornato in patria, Francesco bergonzi si mise a cercare un nuovo socio in grado di piazzare sul mercato di costantinopoli i suoi panni di seta. tramite amici come alvise contarini, già socio in aVari con il cugino bartolomeo mentre copriva la carica del bailo 145 e giambattista 138 asv : Fraterna Grande di Sant’ Antonin, commissaria bergonzi, b. 9, n. 13, la costituzione della società risale al 1° 139 già nel 1613 fu fondata una società tra i fratelli bergonzi e antonio orobon (ivi, b. 8). ago. 1642. 140 ivi, b. 9, n. 13, cc. 3-3v. 141 il primo carico consegnato a Soranzo ammontava al valore di 21.880.22 lire ossia 3.526.06 ducati. ivi, b. 15, n. 14 : « consegna fatta dal Signor Francesco bergonzi al Signor giovanni Soranzo in ordine della compagnia de’ panni di Seda ». 142 « ora subito arrivato alla patria, il bailo Soranzo, ancorché non havesse calcata di troppo la mano nell’esorbitanza dello speso ne’ donativi, per essersi posto su publici ridotti da carte a giocar quindici mila ducati per sera, entrò in concetto commune de’ meno informati, e forse de’ periti ancora, ch’egli giocasse alla barba della publica borsa » (Curiosità di storia veneziana, cit., p. 393). inoltre, morto l’orobon nel 1650, la società registra il passaggio dell’eredità (asv : Fraterna Grande di Sant’ Antonin, commissaria bergonzi, b. 15, n. 14). 143 Curiosità di storia veneziana, cit., p. 393. 144 Vedi Valier, Storia della Guerra di Candia, cit., lib. v, p. 61. Sul quadro generale del ritorno dei gesuiti : g. Signorotto, Il rientro dei gesuiti a Venezia : la trattativa (1606-1657), in I gesuiti a Venezia. Momenti e problemi di storia veneziana della Compagnia di Gesù, padova, gregoriana libreria editrice-giunta regionale del Veneto, 1994, pp. 413 ss. ; g. Gullino, Il rientro dei gesuiti a Venezia nel 1657 : le ragioni della politica e dell’economia, in I gesuiti a Venezia, cit., pp. 421431, che cita dal nunzio carafa a proposito del Soranzo fattosi « portar in braccio cosi mezzo cadavero in pregadi per opporsi anch’esso nel miglior modo che seppe ». Sui legami dei bergonzi ai somaschi vedi Barzazi, Patriziato e studi, cit., p. 76 : giambattista bergonzi, iglio di Francesco, era allievo alla Salute. in seguito, il suo fratello, zorzi lasciò la sua raccolta di stampe e manoscritti al seminario della Salute. Vedi inoltre l’inventario della biblioteca di zorzi in asv : Fraterna Grande di Sant’ Antonin, commissaria bergonzi, b. 12. 145 Vedi la lettera mandata nel 2 aprile 1649 da Francesco bergonzi a alvise contarini mentre era plenipotenziario al congresso di Münster, nel 1648-1649 : bnm : cod. Marc. it. vii, 2386 (9759), c. 345. tra l’altro contarini come bailo 302 dorit raines ballarin, alto funzionario della cancelleria ed ex-segretario del consiglio dei X, stabilì un rapporto di iducia con l’ambasciatore straordinario a costantinopoli, giovanni cappello. 146 il 31 ottobre 1652 si costituì una nuova società tra bergonzi e l’ambasciatore, rappresentato dal fratello andrea e dal nipote Vettor. 147 bergonzi, forte dell’esperienza della società con Soranzo, alzò la posta in gioco e ottenne di dividere i guadagni a metà. inoltre, il mercante pretese e ottenne l’esclusività di un rapporto privilegiato. Siglato l’accordo, il 18 novembre fu l’ambasciatore stesso a confermare da cattaro il suo consenso ai termini del contratto. 148 Ma l’aVare non ebbe l’esito sperato. cappello fu arrestato su ordine del visir a adrianopoli nel 1653. dopo il suo rilascio nel 1654, divenne paranoico e avrebbe tentato di togliersi la vita. il Senato ne ordinò quindi il rimpatrio, mentre ballarin rimase per mandare avanti il negozio con i turchi. 149 nel corso del 1654, bergonzi tentò disperatamente di capire dove era inita la merce, ma la famiglia cappello si dimostrò assai riluttante nel fornire speciici dettagli. nel 1656 andrea cappello, fratello dell’ambasciatore comunicò a Francesco bergonzi di non aver più notizie della merce. 150 bergonzi aveva forse perso dei capitali nell’aVare, ma non i favori della famiglia cappello a Venezia. nel 1665 bergonzi poteva allora vantare di una rete di appoggi importanti in città. il suo grande ex-socio in aVari, Soranzo, qualche mese prima della morte, assieme ad altri patrizi aveva creato un’ imponente lobby in appoggio alla richiesta di bergonzi di diventare nobile. 151 Soranzo portava con sé uomini inluenti come nicolò corner di ca’ grande, lunardo pesaro, nipote del doge, e giacomo cavalli. 152 Ma, oltre a Soranzo, i bergonzi intrattenevano rapporti sociali, economici e politici a tutto campo. divennero parenti di Francesco grimani, che da « povero svizzerotto », 153 grazie alle alleanze matrimoniali con le ricche famiglie bergonzi e zanardi, 154 ottenne cariche più alte e all’epoca dell’aggregazione dei bergonzi aveva la carica di consigliere. 155 anche il procuratore di S. Marco antonio bernardo q. zaccaria, era in aVari anche con andrea cappello, fratello di giovanni, ambasciatore straordinario a costantinopoli nel 1652 (bnm : cod. Marc. it. vii, 1179 (8878), cc. 1-123). 146 il legame tra bergonzi e ballarin è attestato dalla lettera spedita il 1° novembre 1652 da cattaro in cui ballarin confessa che « anche lontano porto meco la memoria delle mie obligationi ed un particolar desiderio di far conoscere [...] la mia ottima volontà » (asv : Fraterna Grande di Sant’ Antonin, commissaria bergonzi, b. 9, n. 17. cfr. Zannini, Burocrazia e burocrati, cit., pp. 152-153). 147 probabilmente una prassi comune visto che anche il contarini, mentre era bailo, usò il fratello gasparo come suo rappresentante commerciale a Venezia : bnm : cod. Marc. it. vii, 1179 (8878), cc. 241, 244. 148 asv : Fraterna Grande di Sant’ Antonin, commissaria bergonzi, b. 9, n. 16. 149 cappello morì all’inizio del 1663. Si veda B. Nani, Istoria della Repubblica Veneta, in Degl’Istorici delle cose Veneziane, i quali hanno scritto per pubblico Decreto, Venetia, appresso il lovisa, 1720, vol. ix, libro sesto, pp. 311-312, 335, 475 ; r. Mantran, L’impero ottomano, Venezia e la guerra (1570-1670), in Venezia e la difesa del Levante. Da Lepanto a Candia 1570-1670, Venezia, arsenale editrice, 1986, p. 230. 150 il valore dei panni di seta era stimato nel 1652 7.253,19 ducati (pari al 44.973,9 lire) (asv : Fraterna Grande di Sant’ Antonin, commissaria bergonzi, b. 9, n. 16). 151 i bergonzi ottennero in Senato il 87,95% dei voti favorevoli e in Maggior consiglio il 78,57%. 152 Vedi Curiosità di storia veneziana, cit., pp. 389-390, 393-394, 399-401. 153 Sull’origine dell’attributo « svizzerotto », usato già da Marino Sanudo nel 1519 (che li chiama « sguizari ») per deinire i nobili poveri disponibili a farsi corrompere, una chiara allusione ai mercenari svizzeri, Pullan, La politica sociale, cit., vol. i, p. 247. 154 Sui rapporti tra le famiglie zanardi e grimani vedi mcc, Archivio Morosini-Grimani, b. 600, cc. 315 ss., lettere degli anni 1656-1657, 1664 di colombano e di giovan andrea zanardi all’ambasciatore a roma antonio grimani ; mcc : Cod. P. D. C 1054, cc. 459, 501, 502, 572 e Cod. P. D. C 1055, cc. 28, 114, 166, 243, lettere di colombano al grimani degli anni 1663-1664. 155 Curiosità di storia veneziana, cit., p. 373. Francesco grimani sposò nel 1646 anna Maria q. bortolo e isabetta tasca, iglia del cugino di Francesco bergonzi (bartolomeo era iglio di battista, « marcer » alla Madonna). Vedi Bruni, Mobilità sociale, cit., p. 78. dopo la morte di bartolomeo si costituì una commissaria costituita oltre che dalla vedova, da tommaso, pietro e andrea tasca. Vedi bnm : cod. Marc. it. vii, 1179 (8878), c. 258, attestazione notarile al strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 303 « mediocremente povero » e probabilmente aiutato dai bergonzi, si è rivelato un sincero amico. 156 altri amici inluenti erano nelle famiglie degli ex-baili cappello e contarini. la strategia dei bergonzi (e di altre famiglie dei ricchi mercanti) emerge dunque chiaramente. grazie agli aVari con soci inluenti e alle alleanze matrimoniali con rami patrizi in diYcoltà inanziarie potevano aspirare all’ingresso in Maggior consiglio. Alleanze matrimoniali tra famiglie vecchie e nuove Una volta avviato il processo delle aggregazioni, gli aspiranti svilupparono la loro strategia, usando le famiglie già aggregate e in seguito le famiglie del vecchio patriziato come trampolino di lancio sociale attraverso alleanze matrimoniali contratte con loro. le strategie d’ascesa sociale delle famiglie aggregate rispecchiano percorsi e scelte individuali. ciononostante non va dimenticata l’esistenza di gruppi di provenienza geograica abituati ad allacciare tra di loro rapporti di amicizia, di commercio, di parentela e che agirono seguendo la logica della solidarietà sociale della loro comunità. i contemporanei raccontavano che il ricco mercante labia divenne furibondo quando si accorse che il suo progetto volto ad elevare solo il proprio status sociale aprì le porte ad un’aggregazione di massa. 157 Questa reazione fu in netto contrasto con il comportamento dimostrato dalle famiglie già aggregate che prestavano aiuto ad altre legate a loro per via clientelare, professionale o di parentela. percorrendo la lista delle alleanze matrimoniali tra aggregati ed altre famiglie, patrizie e non, e aggiungendo accanto a ciascuna le date di matrimonio e di aggregazione nel caso delle famiglie nuove, si è in grado di capire il retroscena del reale andamento delle aggregazioni. rintracciate le rete di parentele e di sostenitori come parte di storie familiari individuali mette in evidenza un fenomeno socio-politico talvolta diYcilmente quantiicabile. 158 la conoscenza del numero degli aggregati, delle date dell’ingresso nella nobiltà, del numero complessivo di matrimoni contratti tra vecchi e nuovi nobili, delle pratiche endogamiche di diversi gruppi all’interno della nobiltà, della distribuzione tra matrimoni maschili e femminili del vecchio patriziato racconta la storia del comportamento sociale di un gruppo e delle politiche familiari. però, per ricostruire la dimensione socio-politica del fenomeno, è indispensabile seguire i percorsi individuali capaci a rintracciare la struttura nascosta delle strategie di ascesa sociale. 159 Se percorriamo la lista dei primi aggregati e loro alleanze matrimoniali negli anni precedenti o successivi all’ingresso nel corpo nobiliare, spiccano le famiglie della cancelleria ducale legate da rapporti di parentela con diverse famiglie di ricmargine della lettera spedita da bartolomeo ad alvise contarini il 9 luglio 1639. bartolomeo morì dopo il dicembre 1640, data dell’ultima lettera spedita al bailo. 156 Curiosità di storia veneziana, cit., pp. 398-399 : « l’abate bergonzi ne dispone con mano franca ». 157 Vedi nota 46. 158 la stessa constatazione è proposta anche da Ruggiu, Les élites et les villes moyennes, cit., pp. 73-74, che ha risolto in parte il problema elaborando i percorsi comuni a partire dalle storie individuali depurate da ogni elemento singolare o occasionale. 159 la lista dei matrimoni è stata compilata a partire del bnm : cod. Marc. it. vii, 591 (7948), Libro de’ nobili inito li 19 ottobre 1694 ; mcc : Cod. Cicogna 2498-2504, M. Barbaro, Genealogie delle famiglie patrizie, sec. xviii ; bnm : cod. Marc. it. vii, 925-928 (8594-8597), M. Barbaro, Genealogie delle famiglie patrizie venete, sec. xviii. 304 dorit raines chi mercanti bergamaschi : gli antelmi, i tasca, i gozzi, gli ottoboni, i rubini, i correggio. 160 Se allarghiamo adesso questa stretta cerchia di famiglie aggregate nel 1646, includendo anche matrimoni con famiglie nobili o altre famiglie aggregate in seguito, la rete dei rapporti s’inittisce notevolmente. gli antelmi, che entrarono nel Maggior consiglio nel 1665, erano legati ai bergonzi già dal 1644, i quali, come si è visto, erano a loro volta legati in alleanze matrimoniali con i grimani (1646) e i donà di S. Stin (1650). Ma erano anche in relazione con i boldù di S. trovaso per via di un matrimonio contratto nel 1662. nello stesso anno i boldù contrassero un’altra alleanza matrimoniale vantaggiosa con i Van axel. tre anni dopo i Van axel furono aggregati al patriziato. probabilmente furono utili anche i legami di parentela con la famiglia barbaro e le promesse per una futura alleanza con i bembo (nel 1666 giambattista q. giusto adolfo Van axel sposò Margherita bembo q. Vincenzo q. gabriel) e con i cassetti, già nobili dal 1662 (nozze che si materializzeranno nel 1666 con il matrimonio di tommaso adolfo q. giusto adolfo Van axel con arcanzola cassetti q. zuanne). la logica di questi percorsi è maggiormente coerente nella sua dimensione sociale se osserviamo la politica matrimoniale di una singola famiglia. i cassetti furono aggregati al patriziato nel 1662. nel 1659 stipularono un contratto matrimoniale con i bonvicini, che quattro anni dopo (nel 1663) furono aggregati. 161 nel 1666 seguì l’alleanza matrimoniale con i Van axel, già stipulata probabilmente in concomitanza con l’ingresso di questi ultimi nel patriziato nel 1665. nel 1682 si celebrarono le nozze tra i cassetti e i rizzi. nel 1687 i rizzi entrarono a far parte nel patriziato durante le aggregazioni della guerra di Morea. 162 indubbiamente esisteva uno stretto rapporto tra un’alleanza matrimoniale e un’imminente aggregazione. la lista seguente potrebbe illustrare questo nesso : 1650 : matrimonio tra gritti S. Maria zobenigo e crotta. l’aggregazione è del 1649 1654 : matrimonio tra Morosini S. M. zobenigo e gambara. l’aggregazione è del 1653 1662 : matrimonio tra boldu S. trovaso e Van axel. l’aggregazione è del 1665 1664 : matrimonio tra bragadin e Fonseca. l’aggregazione è del 1664 1665 : matrimonio tra condulmer S. paternian e Mora. l’aggregazione è del 1665 1665 : matrimonio tra garzoni S. Samuele e Verdizzotti. l’aggregazione è del 1667 1666 : matrimonio tra bembo S. M. Formosa e Van axel. l’aggregazione è del 1665 1666 : matrimonio tra Marin e bonlini. l’aggregazione è del 1667. lo scambio di favori che si delinea è sociale, economico e politico. l’alleanza matrimoniale o un aVare economico si traducevano in seguito in moneta sociale per le nuove famiglie e in moneta politica per le vecchie famiglie che vedevano allargare la loro sfera clientelare. delineando le dimensioni del fenomeno e le sue implicazioni economiche e politiche, si potrebbero capire le conseguenze inaspettate che rovesciarono completamente gli equilibri sociali e politici esistenti da tempo tra le famiglie del vecchio patriziato. Questi mutamenti strutturali, forse prevedibili ma inaccettabili per una parte del vecchio patriziato, si erano già compiuti all’inizio de160 bonifacio q. antonio antelmi (1620-1689) sposò nel 1644 dorotea bergonzi q. bortolo, famiglia legata in matrimonio a tasca. i tasca erano legati ai gozzi. Vedi nota 134. invece giambattista q. camillo rubini (1589-1660) sposò nel 1614 cristina ottoboni q. Marco. 161 iseppo q. zuanne cassetti S. Stin (aggregati nel 1662) sposò nel 1659 giulia q. Flaminio bonvicini S. M. domini (aggregati nel 1663). 162 giacomo Filippo q. Francesco rizzi S. Marcilian (aggregati nel 1687) sposò nel 1682 isabetta q. SteVano cassetti (aggregati nel 1662). strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 305 gli anni ottanta del Seicento, anche se loro peso iniziò a farsi sentire a partire degli anni settanta. lo snodo principale di questa trasformazione non fu tanto l’ingresso di nuove famiglie, ma piuttosto il loro inserimento sociale all’interno del gruppo dirigente che li accoglieva attraverso le alleanze matrimoniali. 163 contrariamente alle esternazioni patrizie parzialmente confutate da tesi recenti, 164 il fenomeno dei matrimoni tra vecchie e nuove famiglie patrizie era diVuso e assai precoce. inoltre, tra giochi di potere e la polarizzazzione economica sempre più crescente tra poveri e ricchi, le aggregazioni alla nobiltà giocavano un ruolo non indiVerente nell’accentuazione dei meccanismi della distribuzione del potere. 165 la crescente ristrettezza economica del patriziato aveva determinato opinioni diversi circa l’opportunità del matrimonio con altri ceti sociali. dagli inizi del cinquecento, il vecchio patriziato aveva tentato di chiudere per via legale tutte le possibilità di matrimoni con ceti inferiori, eccetto che con i cittadini originari. nel corso dei secoli l’inclinazione dei patrizi meno abbienti a sposare donne non nobili, ma giuridicamente accettabili, sembra essere aumentata in un modo costante. Mentre nel Quattrocento solo un patrizio su undici sposava una donna non appartenente alla sua classe sociale, all’inizio del Seicento lo faceva un patrizio su sei. 166 nel 1608 un gruppo di patrizi in cerca di doti consistenti, legati in matrimonio con iglie di mercanti stranieri, tentò di dimostrare che i suoceri erano cittadini veneziani, al ine di consentire ai igli di sedere in Maggior consiglio. il consiglio dei X bloccò sul nascere questi tentativi. nel 1609, l’ambasciatore inglese, Sir henry Wotton, riferiva di un’inlazione sul mercato dei matrimoni, con il conseguente aumento incontrollato del valore delle doti : « poiché i cittadini accrescevano i loro patrimoni, per acquistare maggior inluenza e potere nello Stato, o almeno per proteggersi, erano felici di comprarsi, a caro prezzo, un genero tra la nobiltà, ciò che generava il costume corrotto di dare alle iglie doti esageratamente ricche ». 167 Secondo un elenco compilato da giovanni Foscarini tra il 1600 e il 1634, 192 patrizi contrassero matrimoni con un ordine inferiore, tra quali troviamo sedici segretari e altri nove funzionari governativi tra notai, ragionati e scrivani. 168 eppure, sul piano teorico circa la natura della nobiltà, il vecchio patriziato pareva ancora incline a sostenere l’idea che la nobiltà fosse una distinzione qualitativa, come si legge in una cronaca di famiglia a proposito della famiglia zolio : « onde 163 contrariamente alle vecchie famiglie patrizie che praticavano quasi esclusivamente l’endogamia, questo gruppo di famiglie era legata ancora in alleanze matrimoniali a famiglie non patrizie che contavano di approittare della situazione. c’è da chiedersi quanto contavano queste famiglie nei primi anni di aggregazione, e cioé mentre esistevano ancora di stretti rapporti di parentela. 164 Cowan, Rich and Poor, cit., pp. 158-160 si chiede se il patriziato era veramente un ordine chiuso come voleva presentarsi, visto che almeno i poveri del corpo aristocratico contraevano matrimoni con famiglie di ceti inferiori. Sabbadini, L’acquisto della tradizione, cit., pp. 76-82 tenta di vedere alla base di un campionario di alcune famiglie aggregate scelte con cura secondo parametri di ricchezza e provenienza, quali settori del patriziato erano disponibili a stringere rapporti di parentela con i nuovi arrivati dopo le aggregazioni. la sua conclusione è che il patriziato dimostrò una lessibilità sociale maggiore in confronto alla nobiltà di sangue francese nell’accogliere in matrimonio i nuovi arrivati, ma lo studioso non riesce a spiegarci né la natura, né la dimensione di questa lessibilità. 165 Vedi p. Del Negro, La distribuzione del potere all’interno del patriziato veneziano del Settecento, in I ceti dirigenti in Italia in età moderna e contemporanea, atti del convegno, cividale del Friuli, 10-12 set. 1983, a cura di a. tagliaferri, Udine, del bianco editore, 1984, pp. 311-337. 166 V. Hunecke, Il patriziato veneziano alla ine della Repubblica, 1646-1797. Demograia, famiglia, ménage, roma, Jouvence, 1997, p. 169. Secondo hunecke, dopo la metà del secolo si conta uno su quattro, e alla caduta della repubblica uno su tre. esiste un’interruzione temporanea fra il 1671 e 1720 probabilmente a causa delle aggregazioni : la scel167 Pullan, La politica sociale, cit., p. 121. ta di spose nobili appetibili si fosse temporaneamente allargata. 168 bnm : cod. Marc. it. vii, 90 (8029), cc. 217-221, « nota di gentil’huomini li quali hanno preso per moglie cittadine o altre persone inferiori ». 306 dorit raines doversi confessare, che due sono le nobiltà, una in astratto, e questa consiste nella virtù, e buoni costumi & ansietà di coscienza civile. l’altra in aumento delle ricchezze, senza le quali altri sono tenuti da niente appresso gli huomini ». 169 la sola nobiltà dunque non bastava, perché il popolo chiedeva che fosse dimostrata con magniicenza. la ricchezza era quindi necessaria per rendere visibile un concetto altrimenti troppo astratto. Ma anche la ricchezza da sola non era suYciente per elevare una persona ad un rango nobile, perché la virtù e la coscienza civile erano innate. Una parte del patriziato risolse quindi il problema trattando solamente un segmento dell’equazione : ci si deve arricchire per rendere la nobiltà visibile. in altre parole, si possono accettare matrimoni con le nuove famiglie, senza che ciò comporti un innalzamento al livello delle vecchie. 170 Verso la ine degli anni settanta, la Relazione sulla organizzazione, tracciando un bilancio delle aggregazioni della guerra di candia, osservava che per un nobile povero il modo migliore per uscire dall’indigenza era di contrarre matrimonio con una donna plebea di ricca famiglia di mercanti : « modo eYcace per migliorar la condizione dei nobili scaduti è il permetter loro matrimoni con donne plebee. per tal modo ebbero ricchezze molti nobili che prima erano poveri, perché molti mercanti, per l’ambizione di devenir loro parenti, si spogliarono del meglio che avevano ». 171 naturalmente l’uso del termine « plebeo » non s’intendeva nel senso di « popolano » poiché l’autore era ben consapevole che in tal caso i igli nati da questo matrimonio non avrebbero potuto accedere al titolo nobiliare. egli si riferiva in modo sprezzante alle famiglie di mercanti (cittadini originari o popolani) entrati a far parte del patriziato durante gli anni 1646 e 1669. il patriziato era consapevole che le alleanze matrimoniali, a prescindere delle riserve sociali che aveva, potevano risanare il portafoglio di una parte delle famiglie nobili. laura Megna ha ipotizzato che il movimento delle doti fu favorevole alle case vecchie e che inoltre, l’ingresso degli aggregati favorì il patriziato di mediocri fortune, inizialmente il più ostile all’aggregazione. 172 resta da vedere quale gruppo fu veramente il grande vincitore economico e politico delle aggregazioni. per rispondere almeno indicativamente a questa domanda ho scelto di compilare una lista di tutte le alleanze matrimoniali strette tra il vecchio patriziato e i nuovi arrivati, prima della loro aggregazione e ino al 1684. in seguito ho proceduto a collocare, per quanto possibile, ogni famiglia del nuovo e vecchio patriziato nelle classi socio-economiche indicate da giacomo nani nel Saggio politico del corpo aristocratico della Repubblica di Venezia del 1756. 173 Questa scelta di dividere il patriziato secondo 169 bnm : cod. Marc. it. vii, 2420 (10647), c. 53. Opinione falsamente ascritta al Padre Paolo, cit., p. 15 : « i Matrimonij tra nobili, e donne plebee si tolerino, se sono opulenti, perché in questo modo molte volte occorre, che le fatiche de’ secoli di molti plebei, fornischino ad arricchire una casa de’ nobili, & è questa una dolce forma d’impartitione, per la quale se bene decline in astratto, ma nelle cose reali si avalora, e si fortiica ». e poi l’autore anonimo continua : « al principio della republica la mercantia fu necessaria per redimersi dalla povertà, hora è sospetta come fomentatrice di troppa ricchezza [...] il Mercante per necessità è forestiero, mentre ha comercio, & interesse in altre reggioni, & il nobile non deve havere altra aVettione che nella patria » (ivi, pp. 23, 222-223). cfr. Relazione sulla organizzazione, cit., p. 37 : « la prima [cosa] è in ordine alla mercanzia la quale ritenuta una volta bassezza da’ sudditi, ora dà credito d’industria e di lealtà ». 171 Relazione sulla organizzazione, cit., pp. 165-166. 172 Megna, Ricchezza e poverta, cit., p. 124. 173 credo sia utile ripetere velocemente la classiicazione di giacomo nani del patriziato in cinque categorie : 1. « famiglie assai ricche » ; 2. « famiglie che hanno più del loro bisogno » ; 3. « famiglie che hanno il loro bisogno » ; 4. « famiglie che hanno meno del loro bisogno » ; 5. « famiglie che non hanno niente » : biblioteca Universitaria padova (bup) : ms. 914, G. Nani, Saggio politico del corpo aristocratico della Repubblica di Venezia. nicolò donà, invece, divideva il patriziato in quattro categorie : 1. i « proceri », « quelle persone che per sangue, per facoltà et averi s’innalzano sopra di tutti, et esercitano nell’atto stesso o sono per esercitare le cariche più risplendenti » ; 2. i « benestanti », che potevano 170 strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 307 cinque classi e non le tre delineate dai patrizi degli anni settanta del Seicento è dovuta a tre ragioni principali : 1. l’unico modo di confrontare la classe socio-economica degli aggregati con il vecchio patriziato è di usare i dati proposti da nani, che include le famiglie aggregate nella sua analisi accanto alle vecchie famiglie ; 2. la distribuzione delle famiglie in tre classi suggerita dai contemporanei non ci permette di identiicare ogni ramo e la sua appartenenza ad una speciica categoria. non è neanche del tutto chiaro cosa intendessero i patrizi per le qualiicazioni grandi, mezzani, inimi. era solo una valutazione economica, o prendeva in considerazione anche le cariche ricoperte dai membri della famiglia ? 3. la scaletta suggerita da nani, pur non essendo basata solamente su dati quantitativi e appoggiandosi su criteri di scarsa oggettività scientiica, è preziosa poiché rispecchia le idee che i patrizi stessi avevano della collocazione di una famiglia nel caso di un eventuale contratto nuziale. parametri come « famiglie che hanno più del loro bisogno » o « famiglie assai ricche » non sono scientiicamente difendibili perché la soglia del bisogno o della ricchezza non è esplicitata, ma sono criteri di valutazione dell’immagine di ricchezza e potere emanata dalla famiglia all’interno di un corpo politicamente gerarchizzato. 174 ritengo in ogni modo che si possa tracciare in parte delle linee di confronto tra queste due distribuzioni in classi. in linea generale ciò che si intendeva per grandi, sono le prime due classi di nani. i mezzani sono la terza classe e una parte della quarta (quelli che per mezzo della Quarantia e l’avogaria di comun, arrivano al Senato, come i Molin di S. pantalon), e gli inimi sono le famiglie della quarta e la quinta classe. i matrimoni identiicati tra nuove e vecchie famiglie e che vanno dall’inizio del Seicento ino al 1684 sono 117. l’identiicazione dell’appartenenza delle vecchie famiglie del patriziato ad una delle classi delineate da giacomo nani è avvenuta per 105 matrimoni, e cioè, per il 89,75% dei matrimoni è stato possibile di attribuire l’esatta posizione sulla scaletta di ricchezza e preminenza. come si vedrà esiste una diVerenza tra matrimoni maschili (dove si colloca un iglio) e quelli femminili (dando la iglia in sposa con dote) del nuovo patriziato. i risultati sono evidenziati nella seguente tabella : 175 sostenere i reggimenti di spesa ; 3. i « meccanici », « tutti coloro principalmente che sono nelle quarantie, e quei ancora che esercitano Magistrati di grosso guadagno, sia nella città o al di fuori » ; 4. i « plebei », « tutti quei nobili, che non anno rendite o poderi, e che vivono di pubbliche carità con provvisioni di sotto e dagl’emolumenti che ritraggono da’ Magistrati di non grosso guadagno e da reggenze di terre e castella » (N. Donà, Ragionamenti politici intorno al governo della Repubblica di Vinegia (1734-1738) : mcc, Cod. Cicogna 1586, citato dal p. Del Negro, Politica e cultura nella Venezia di metà Settecento : La ‘poesia barona’ di Giorgio BaVo ‘quarantiotto’, « comunità », clxxxiv, 1982, pp. 329-330). nani attribuisce alla ricchezza il fattore sociale determinante ; donà si rivela più sottile, e prende in considerazione anche fattori come reputazione della casata e i tipi di magistrature sostenuti, unendo così la seconda e la terza classe del nani. 174 Un mio tentativo di confrontare la ricchezza immobiliare delle famiglie espressa nella redecima del 1661 e la distribuzione delle ricchezza secondo le classi di nani, si è rivelato alquanto deludente. le unità espresse nella redecima sono di fraterne, ditte o singole persone, mentre nani intende un ramo intero anche se talvolta è frazionato in singole entità economiche. inoltre, gli investimenti immobiliari non sono suYcienti a rendere l’idea della situazione economica di una famiglia. cfr. l. Megna, Comportamenti abitativi del patriziato veneziano (1582-1740), « Studi Veneziani », n.s., xxii, 1991, pp. 271-272 ; J.-F. Chauvard, Pour une histoire dynamique de la propriété vénitienne, « mefrim », 111, 1, 1999, p. 10. 175 i dati sono tratti da Hunecke, Il patriziato veneziano, cit., p. 419. la colonna % famiglie dal totale si riferisce al numero delle vecchie famiglie per classe sul totale (420 in tutto). la colonna % nozze dal totale signiica il percentuale delle nozze contratte da questa classe sul totale di 117 matrimoni registrati (mancano all’appello qui i 12 matrimoni non identiicati, pari al 10,2%). la colonna % nozze identiicate signiica la percentuale delle nozze contratte da questa classe sul totale di 105 matrimoni la cui componente patrizia fu identiicata secondo la classe di appartenenza. 308 dorit raines n. classe % Famiglie dal totale i ii iii iv v 9,5% 10% 32,4% 18,1% 30% % nozze dal totale % nozze identiicate 3,5% 11,96% 48,8% 17,1% 8,5% 3,8% 13,4% 54,27% 19,03% 9,5% n. nozze femminili 2 7 35 13 5 anno inizio n. nozze nozze femm. maschili 1678 1650 1646 1661 1666 2 7 22 7 5 anno inizio nozze masc. 1684 1661 1652 1673 1666 come si può vedere la diVerenza delle strategie matrimoniali delle diverse classi del patriziato è notevole. emerge chiaramente la riluttanza delle classi prima e quinta di contrarre matrimoni con gli aggregati. la prima classe ha dimostrato una tendenza endogamica assai compatta nel corso del Seicento. 176 i pochi matrimoni combinati con i nuovi aggregati sono spiegabili solo in termini di scelte individuali : alleanze matrimoniali con famiglie insignite già di titoli nobiliari (pesaro con papafava o grimani ai Servi con Manin), o scelte dovute a ristrettezze economiche (Valaresso di S. geremia con pasta). rispetto alla sua presenza numerica all’interno del patriziato (9,5%) solo 3,8% dei matrimoni identiicabili sono ascrivibili alla prima classe. Quanto alla quinta classe, si può ipotizzare un riiuto quasi collettivo di contrarre alleanze matrimoniali con coloro che erano considerati come i maggiori avversari nella corsa alle cariche stipendiate. Se questa classe dimostra una presenza del 30% del totale dei rami patrizi, i suoi membri combinano solo dieci matrimoni (pari al 9,5% dei matrimoni identiicabili) e questo solo dal 1666. le seconda e quarta classi si rivelano coerenti nelle loro scelte. il percentuale dei matrimoni contratti con i nuovi arrivati è quasi pari al tasso della loro presenza nel ceto patrizio. invece la terza classe sembra quella che ha saputo ottenere il meglio dell’aVare. benché presente al 32,4% all’interno del patriziato (questa middle class patrizia è quindi la più numerosa), il tasso dei matrimoni è al 54,27% e quindi più della metà delle alleanze matrimoniali. inoltre, la terza classe dà il via ai rapporti nuziali con gli aggregati proprio nell’anno della prima aggregazione. Si tratta indubbiamente di un segno del forte interesse di questa classe verso il fenomeno e della precoce consapevolezza dei beneici possibili. 177 Seguono la seconda e la quarta classe che prendono atto della novità e delle sue potenzialità solo negli anni cinquanta-sessanta. le classi più riluttanti sono le ultime a percepire il cambiamento delle regole del gioco, e a seguire prudentemente le orme dei colleghi delle altre classi. le implicazioni delle scelte d’alleanze matrimoniali delle varie classi del vecchio patriziato sembravano all’inizio ai contemporanei un aVare che riguardava la dignità del gruppo e la difesa dei suoi privilegi. echi sporadici di una consapevolezza sociale e antropologica del radicale mutamento politico, economico e sociale appaiono già negli anni settanta, proprio negli scritti detti dell’‘anti-mito’. coloro che riiutarono di partecipare alla grande kermesse matrimoniale videro con crescente allarme il cambiamento dei costumi e d’alleanze. incapaci di seguire i rapidi cambiamenti e di coglierne gli eventuali vantaggi, il loro giudizio sulla bontà delle 176 a questo proposito Hunecke, Il patriziato veneziano, cit., p. 191, che dimostra l’inesistenza di matrimoni fra la prima classe e quelle quarta e quinta, classiicate da giacomo nani. i ‘grandi’ sono la classe più endogamica di tutte le altre. cfr. Cowan, Rich and Poor, cit., pp. 151-152. 177 anche Hunecke, Il patriziato veneziano, cit., p. 193, individua nella terza classe l’epicentro della « mobilità sociale » all’interno del patriziato dall’inizio delle aggregazioni ino alla caduta della repubblica. strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 309 aggregazioni era tagliente. Secondo loro, rappresentavano la corruzione dell’anima patrizia e delle istituzioni repubblicane : « ed è rimarcabile ancora come la nobiltà antica siasi fatta adoratrice della loro maniera, del loro genio familiare, della conversazione e siasi, a così dire, immedesimata di sensi e di opinione e tutto questo per procurarsi il favore dei loro voti, perché costoro non li vendono che a caro prezzo di uYci e di lusinghe », commentava un patrizio disilluso. 178 Consolidamento di fortune e di potere Un ambiente socialmente controllato come quello del patriziato veneziano, irrigidito nel corso del tempo da una serie di comportamenti ritualizzati, 179 di fronte all’entrata nel campo di una variabile sociale nuova (i nuovi aggregati) poteva reagire in due maniere diverse : riiutare categoricamente di riconoscerla per eliminare la potenziale inluenza del nuovo fattore, oppure ammettere il ruolo di questa variabile, sfruttando i vantaggi che poteva apportare. il livello di cooperazione dipendeva dal grado dei beneici e degli inconvenienti. nell’ipotesi di allargamento dei legami con nuovi componenti, il calcolo delle conseguenze di una futura cooperazione si sarebbe basato sui beneici individuali immediati, mentre non avrebbe avuto peso una presa di coscienza degli eVetti a lungo termine sul gruppo nel suo insieme. in assenza di un coordinamento del comportamento sociale del gruppo intero, le strategie individuali spezzavano via il riiuto iniziale di collaborazione e agivano ciascuna come agente portatore del nuovo messaggio, ampliicando esponenzialmente il ricorso alle cooperazioni. in tale maniera l’insieme dei comportamenti individuali generò un fenomeno quantitativo che, arrivato ad una massa critica, creò un consenso intorno alla nuova componente sociale che distrusse la barriera tra vecchio e nuovo. le alleanze matrimoniali tra le famiglie del vecchio e nuovo patriziato hanno seguito questo percorso. esse possono essere considerate come gli agenti portatori del messaggio di cooperazione, con un forte richiamo ad altri tipi di passata collaborazione con le stesse nuove famiglie : legami commerciali, aYnità di vedute, presenza comune negli istituzioni sociali della città, e alleanze matrimoniali. Queste scelte, dovute alla politica individuale di ciascun famiglia, mutavano gli equilibri sociali e politici all’interno del patriziato già a partire degli anni settanta del Seicento, forzando tutti i membri alla ricerca di una nuova collocazione nella gerarchia sociopolitica che si stava formando. come abbiamo visto, è soprattutto la terza classe che ha dimostrato una forte volontà di cooperazione con i nuovi venuti. naturalmente le famiglie appartenenti a questo gruppo dovevano fare i loro calcoli circa i beneici potenziali di un tale comportamento. la middle class patrizia era il gruppo più suscettibile ai cambiamenti economici e politici. ambiva la salita nella scala politica per avere maggiore inluenza nei consigli, ma non poteva permettersi il sacriicio economico che ne conseguiva. allo stesso tempo, queste famiglie del medio livello fungevano da microcentri di potere, dovendo assorbire le pressioni nel broglio dall’alto e dal basso e servire come ago della bilancia tra i ‘grandi’ e i meno abbienti, a seconda delle necessità del momento. le aggregazioni di nuove famiglie oVrivano dunque una 178 Relazione sulla organizzazione, cit., p. 42. Sul broglio sociale e il comportamento ritualizzato, d. Raines, Lodovico Manin, la rete dei sostenitori e la politica del broglio nel Settecento, in Eadem (a cura di), Al servizio dell’“amatissima patria”. Le Memorie di Lodovico Manin e la gestione del potere nel Settecento veneziano, Venezia, Marsilio, 1997, pp. 121-124. 179 310 dorit raines grande occasione. Stringendo alleanze matrimoniali vantaggiose con i ricchi tra i nuovi arrivati, potevano aspirare a coronare le loro ambizioni politiche. Flusso di denaro e nuova clientela acquisita attraverso nuovi legami di parentela erano i capisaldi di una politica volta a consolidare fortune e potere. il momento del contratto nuziale, a prescindere da questioni d’aVetto o di prosecuzione del lignaggio, implicava nella società di antico regime una transazione inanziaria e uno scambio politico tra due famiglie : si stringono dei legami clientelari e di parentela che rispecchiano il posto occupato sulla scala sociale dalla statura politica delle due famiglie. la dote costituiva l’elemento fondamentale del contratto matrimoniale per il suo ruolo di contribuzione inanziaria alla fondazione di un nuovo fuoco. 180 a Venezia, tuttavia, non si trattava di accendere di un nuovo fuoco, poiché i patrizi erano organizzati in fraterna. la sposa quindi, portava la dote non solamente allo sposo ma al suo ramo. l’ammontare della dote era il segno tangibile della preminenza della famiglia dello sposo rispetto a quella della sposa : era più elevato nel caso in cui la famiglia dello sposo fosse di grado sociale e politico più elevato rispetto a quella della sposa e viceversa. 181 Questa logica si applicava perfettamente ad una situazione in cui gli attori sociali erano uguali sul piano dei diritti, ma diversi per stato socio-economico. Stipulare un contratto matrimoniale tra due famiglie patrizie signiicava un’elaborazione quasi matematica dei ruoli rispettivi di entrambi due famiglie, delle loro sfere d’inluenza, della quantiicazione dei legami clientelari (ovvero chi possedeva una lobby più potente), del prestigio del loro nome (basato su antichità d’insediamento e su antenati illustri) e inine del ruolo politico eVettivo al momento della contrattazione. 182 Venezia sviluppava la ritualizzazione dei giochi di potere molto precocemente. il contratto matrimoniale era una tappa indispensabile in questo gioco e faceva parte del ‘broglio sociale’ preludendo a quello elettorale, che usava legami di parentela, alleanze matrimoniali, presenza dei compari ai battesimi, frequentazioni tra amici, maneggi e partecipazioni alle cerimonie d’ingresso in politica per creare una itta rete clientelare. 183 il rituale del contratto nuziale patrizio, specialmente tra famiglie inluenti prevedeva perino la comparsa della igura del ‘maneggiatore’, che partecipava a nome di una parte dell’accordo di matrimonio. 184 nel 1644, a seguito di provvedimenti che avevano tentato di porre un limite all’entità delle doti, il tetto massimo era stato issato a 20.000 ducati. 185 la somma doveva rappresentare l’idea delle autorità circa l’equilibrio tra la somma reale e quella ritenuta alta, ma non tale da costituire un rischio per le fortune familiari. anche se stabilita per legge, la cifra doveva essere indicativa, costituendo già un compromesso tra i rappresentanti di famiglie ricche e meno agiate. per calcolare le somme reali stipulate negli accordi nuziali, abbiamo testimonianze frammentarie, che sono tuttavia in grado di dare un’idea del mercato delle doti al tempo delle aggregazioni. 180 181 Cowan, Rich and Poor, cit., p. 159. Bellavitis, Identité, mariage, mobilité sociale, cit., p. 167. S. Chojnacki, Dowries and Kinsmen in Early Renaissance Venice, « Journal of interdisciplinary history », 4, 1975, pp. 571-600 ; Hunecke, Il patriziato veneziano, cit., pp. 158-164. 183 Raines, Lodovico Manin, la rete dei sostenitori, cit., pp. 121-124. Sui compari nel contesto iorentino e le pratiche dell’endogamia sociale vedi c. Klapisch-Zuber, La maison et le nom. Stratégies et rituels dans l’Italie de la Renaissance, paris, Éditions de l’École des hautes Études en Sciences Sociales, 1990, pp. 132-133. 184 Vedi il ruolo svolto da lodovico Manin nella stipula dell’accordo matrimoniale più delicato del suo tempo, quello tra la casa corner S. Maurizio e pisani S. Vidal, e l’elaborazione dei dati sociali, politici, personali e economici per poter pervenire ad un accordo sull’importo della dote (Raines, Lodovico Manin, la rete dei sostenitori, cit., pp. 132-133). 185 il decreto è del 10 settembre 1644. Bellavitis, Identité, mariage, mobilité sociale, cit., pp. 154-162, sulle leggi di pompa in materia di matrimoni, in particolare sulla dote. Si tratta della regolamentazione del passaggio di ricchezze tra una casata e un’ altra (leggi di 1420 e altri ino al 1644). 182 strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 311 l’entità delle doti contratte tra vecchie e nuove famiglie ripartiva anche di un mercato già esistente di matrimoni tra le vecchie famiglie nobili, dove la cifra stabilita era il risultato di diversi parametri economici, sociali e politici. Un matrimonio tra famiglie della prima classe poteva prevedere una dote che aggirava attorno ai 30.000-50.000 ducati. 186 le famiglie della terza classe si accontentavano di doti che andavano da 10.000 a 15.000 ducati. 187 i valori relativi ai contratti dotali servono solo da indicazione delle somme allora in circolazione tra le casate patrizie nell’occasione di un’alleanza matrimoniale. naturalmente, nel caso di un matrimonio tra vecchi e nuovi le cifre erano destinate a salire secondo le leggi del mercato. le nuove famiglie erano desiderose di stringere questi rapporti familiari nella speranza di entrare nel gioco socio-politico, senza dover aspettare troppo a lungo davanti al « dragone vigile custode del Velo d’oro », e cioè le elezioni alle cariche svolte nel Maggior consiglio. 188 la griglia delle doti dei contratti matrimoniali stretti tra vecchie e nuove famiglie era quindi la seguente : 189 la prima classe - la dote poteva arrivare anche a 300.000 ducati ; 190 la seconda classe - non abbiamo indicazioni. probabilmente attorno al 100.000 ducati ; la terza classe - attorno 40.000-50.000 ducati ; 191 la quarta classe - attorno 20.000-25.000 ducati ; 192 la quinta classe - attorno 2.000-4.000 ducati. 193 Se esponiamo in una tabella queste cifre aggiungendo il numero di matrimoni femminili contratti da ogni classe con i nuovi arrivati tra 1646 e 1684, avremo i risultati seguenti : 186 Hunecke, Il patriziato veneziano, cit., p. 156 : le iglie della famiglia pisani del banco ebbero in dote 50.000 ducati. Secondo Cowan, Rich and Poor, cit., p. 152, nota 19 e p. 153, la dote di grande valore tra vecchie famiglie arriva nel 1640 a 40.000-45.000 ducati : ad esempio la famiglia tiepolo S. aponal propone una dote al valore di 40.000 ducati. altro esempio è del nipote del doge nicolò Sagredo con la sposa della famiglia corner ca’ grande di S. Maurizio (la casa più ricca a Venezia secondo Curiosità di storia veneziana, cit., p. 416). la dote ammontava a 30.000 ducati. cfr. bcu : Cod. Manin 1246 (ex Priuli 107), c. n.n. ; Sabbadini, L’acquisto della tradizione, cit., p. 81. 187 nel 1692 la dote di teresa pisani S. anzolo ammontava a 12.000 ducati, mentre nel 1775 gaetano Molin alla Maddalena lasciò 10.000 ducati per ogni iglia (Hunecke, Il patriziato veneziano, cit., p. 156). tra le famiglie della cancelleria le cifre erano più alte : nel matrimonio ottoboni-benzi celebrato nel 1635 la dote era di 20.000 ducati. i Flangini erano disposti a versare addiritura 26.000 ducati (Menniti Ippolito, Fortuna e sfortune, cit., pp. 16-17). 188 Ottoboni, Lettera d’un nobile catolico repubblichista, cit., p. 5. 189 per avere un’ idea dell’importanza di queste somme, basta paragonarle con le rendite immobiliari annue del patriziato. Megna, Ricchezza e poverta, cit., pp. 112-114 : giustinian di S. pantalon (iii classe) hanno nel 1661 una rendita annua di 8.576 ducati ; i da Mula di S. Vio (ii classe) - 2.411 ducati ; i barbaro di S. pantalon (iv classe) - 714 ducati ; i balbi di S. trovaso - 650 ducati ; i Malipiero di S. pantalon (iv classe) - 531 ducati ; giambattista zorzi q. giulio dell’angelo raVaele (v classe) - rendita annua di 32 ducati ; i pisani di S. barnaba (v classe) - 64 ducati ; i barozzi di S. agnese (v classe) - 49 ducati ; i contarini di S. Margherita (v classe) - 45 ducati ; i loredan di S. Vio (v classe) - 40 ducati. 190 Sabbadini, L’acquisto della tradizione, cit., p. 81 per l’alleanza (mancata per il riiuto della madre dello sposo, una corner ca’ grande) tra la iglia di zenobio e il iglio di bragadin furono proposti 300.000 ducati come dote. 191 ivi, p. 81 per l’alleanza (mancata) di una Widmann con domenico Morosini nipote del patriarca, furono proposti 50.000 ducati come dote ; secondo bcu : Cod. Manin 1246 (ex Priuli 107), c. n.n., Morosini sposò una corner di S. polo per una dote di 30.000 ducati. altro esempio è fornito in Hunecke, Il patriziato veneziano cit., p. 168, per l’alleanza matrimoniale tra Francesco grimani di S. girolamo (iii classe) con una iglia di bergonzi, che portava 50.000 ducati (su questa unione Curiosità di storia veneziana, cit., p. 373 ; Cowan, The Urban Patriciate, cit., p. 170, nota 606). 192 Cowan, Rich and Poor, cit., p. 153 giulia MaVetti sposò nel 1607 daniel trevisan q. piero di S. agnese (iv classe) con dote di 25.000 ducati (calcolati come 40.000 ducati a metà Seicento, vedi loc. cit. per tiepolo) ; isabetta labia q. piero che andò sposa nel 1585 a Vettor q. zuanne Molin di S. pantalon (iv classe) portava 20.000 ducati (40.000 ducati metà Seicento) in dote. 193 Cowan, Rich and Poor, cit., p. 157 : per i poveri le dote tra vecchie famiglie e altre classi erano issate a 2.000-4.000 ducati. 312 n. classe i classe ii classe iii classe iv classe v classe dorit raines n. matrimoni 2 7 35 13 5 Media dote (ducati) totale in ducati 200.000 100.000 45.000 20.000 3.000 400.000 700.000 1.575.000 260.000 15.000 la somma complessiva entrata nelle famiglie del vecchio patriziato a seguito dei matrimoni contratti tra 1646 e 1684 è di 2.950.000 ducati, di cui la metà è passata nei portafogli della terza classe. 194 Se teniamo conto che le famiglie aggregate versavano ciascuna 100.000 ducati per entrare nei ranghi patrizi (certe addirittura 150.000 o 200.000 ducati), e quindi nel complesso otto milioni di ducati, il totale del passaggio di denaro dalle famiglie dei nuovi arrivati allo Stato e alle vecchie famiglie è di undici milioni di ducati. 195 l’acquisto della nobiltà prosciugò quindi notevolmente le fortune delle famiglie aggregate, trasformando famiglie loride di mercanti in patrizi poveri senza speranze politiche. 196 le vecchie famiglie del patriziato, tra lo sdegno esplicito verso le nuove pratiche matrimoniali e le lamentele sulla corruzione dei costumi, 197 poterono consolidare le loro fortune, specialmente la classe media, e allargare il bacino della loro clientela. il rapporto dialettico tra legami di parentela e sistemi clientelari nell’antico regime è un argomento ancora non suYcientemente esplorato su scala europea. dal 1976, quando Jean-louis Flandrin ha aVrontato l’argomento, auspicando studi più sistematici su questo fenomeno socio-politico, 198 e emmanuel le roy ladurie ha illustrato in modo eYcace come da un passaggio delle memorie di Saint-Simon era possibile ricostruire il mondo delle cabales alla corte di luigi XiV nel 1709, 199 la questione è stata aVrontata in maniera sporadica, legata piuttosto a storie individuali, che si collegano alla storia del gruppo, ma non come fenomeno tra gruppi. di recente, sulla base di nuovi lavori, si è potuto distinguere tra lo studio tradizionale 194 Questo calcolo non include i dodici matrimoni non identiicati. Si potrebbe naturalmente calcolare anche l’ammontare complessivo delle doti passate alle nuove famiglie a seguito dei matrimoni maschili contratti con le vecchie famiglie. credo che un dato è suYciente per capire quanto inferiore sarebbe stata la cifra passata ai portafogli dei nuovi aggregati : Secondo Borean, La quadreria, cit., p. 35, nel 1668 cristina correggio sposò alessandro gritti q. ottaviano, (iii classe), e nel 1675 giulia correggio sposò Faustino giustinian q. Francesco Maria (iii classe), ciascuna con dote di 40.000 ducati contro i 4.000 di camilla giustinian che nel 1676 sposò orazio q. giovan donato. esiste quindi un rapporto di 1 :10 tra dote di vecchie famiglie e dote di nuove famiglie. 196 come la famiglia polvaro cui membri « hora si trovano in poche fortune », bnm : cod. Marc. it. vii, 1541 (8223), c. 147r ; bnm : cod. Marc. it. vii, 2226 (9205), c. n.n. cfr. Cowan, Rich and Poor , cit., 155. Secondo Zannini, Burocrazia e burocrati, cit., p. 171, i dolce chiesero una dilazione di sedici mesi per saldare gli ultimi 30.000 ducati. la domanda fu respinta. dovettero quindi attendere nove anni per poter entrare nel Maggior consiglio. cfr. Sabbadini, L’acquisto della tradizione, cit., pp. 76-77, 228-229. 197 bcu : Cod. Manin 1246 (ex Priuli 107) c. n.n, commenta a proposito del nuovo arrivato, quando zuanne Sagredo dà la iglia Marina a nicolò berlendis (nipote del vescovo di belluno, giulio) : « uomo di bassa conditione tra nuovi per la condanna fatta al di lui iglio maggiore [i.e. pietro Sagredo, savio di terraferma] per poco sincera riuscita nella carica di terraferma ». Vedi anche Relazione sulla organizzazione, cit., pp. 17-18 : « iglia maritata così inconsultamente a solo oggetto di risparmiare la dote, in un nobile di nuova aggregazione di casa berlendis, stimato anche tra quelli di tal qualità d’inima condizione ». 198 J.-l. Flandrin, Familles. Parenté, maison, sexualité dans l’ancienne société, paris, Seuil, 1984, p. 31. 199 e. Le Roy Ladurie, Système de la cour (Versailles vers 1709), « l’arc », 65, 1976, pp. 21-35. cfr. lo stesso modello in W. Beik, Absolutism and Society in Seventeenth-Century France. State Power and Provincial Aristocracy in Languedoc, cambridge, cambridge University press, 1985, pp. 223-244. 195 strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 313 su gruppi dirigenti e loro legami di parentela, le alleanze matrimoniali, i rapporti di solidarietà, che vede in questi gruppi un blocco di potere chiuso, e un approccio ben più dinamico, appoggiandosi sulla sociologia relazionale, che considera non solamente i legami orizzontali intrinseci di questi gruppi, ma anche quelli verticali con altri gruppi sociali. 200 Questa distinzione contribuisce notevolmente alla nostra comprensione del fenomeno della mobilità sociale, non come momento straordinario di aVermazione sociale per via giuridica, ma come conseguenza logica di un lungo processo complesso inalizzato all’osmosi sociale. la mobilità sociale ha le sue radici in un assestamento politico che segue una logica economica volta a premiare la ricchezza di ceti inferiori in moneta sociale. attribuire quindi al procedimento dell’aggregazione l’origine e l’inizio della formazione dei legami clientelari tra le vecchie e le nuove famiglie sarebbe fuori luogo poiché come abbiamo visto, esisteva già una itta rete di rapporti di vario tipo tra di loro. tuttavia le alleanze matrimoniali tra vecchi e nuovi, ascrivibili a una pratica esogamica, hanno messo in crisi la complessa questione clientelare e le regole del gioco politico esistenti tra le vecchie famiglie patrizie, prevalentemente minacciando le classi con tendenza endogamica. 201 come abbiamo osservato, a Venezia la creazione di una lobby politica si basava su legami di parentela patrizia. la lobby aveva come punta di diamante una politica matrimoniale alla volta endogamica ‘orizzontale’ quanto ai matrimoni maschili e di mobilità sociale nei matrimoni femminili : 202 una casata poteva stringere un legame di parentela, sempre nell’orbita della sua macro-fazione, con un’altra della stessa classe, oppure di una classe gerarchicamente inferiore o superiore di uno o due gradi, a seconda delle sue circostanze inanziarie e delle sue risorse umane. 203 Questa realtà contribuiva all’adesione di nuove famiglie di status vario al blocco votante e alla creazione di una gerarchia di cicli concentrici di inluenza, dove il centro, composto dai ‘grandi’ unitisi fra di loro, funge da patrono, le famiglie limitrofe al centro da clientela, e allo stesso tempo da centri minori di potere per le famiglie periferiche che potevano solo allacciare dei legami di clientela orizzontali o verticali verso l’alto. 200 Sarebbe opportuno riferirsi in questa sede a qualche saggio in grado di oVrire nuovi spunti sulla questione : F.-X. Guerra, Pour une nouvelle histoire politique : acteurs sociaux et acteurs politiques, in Structures et cultures des sociétés ibéro-américaines. Au-delà du modèle socio-économique, actes du colloque international en hommage au professeur François chevalier, bordeaux, Maison des pays ibériques, 1990, pp. 253-254 ; Imizcoz Beunza, Communauté, réseau social, élites, cit., pp. 29-48 ; M. Nassiet, Parenté, noblesse et états dynastiques, xve-xvie siècles, paris, Éditions de l’École des hautes Études en Sciences Sociales, 2000, pp. 323-324. Vedi sui legami di parentela e di solidarietà creati nel contesto dell’amministrazione coloniale spagnola, M. Bertrand, Du bon usage des solidarités. Étude du facteur familial dans l’administration des Finances de Nouvelle-Espagne, xviie-xviiie siècles, in Les igures de l’administrateur. Institutions, réseaux, pouvoirs en Espagne, en France et au Portugal, 16e-19e siècles, a cura di r. descimon, J.-F. Schaub, b. Vincent, paris, Éditions de l’École des hautes Études en Sciences Sociales, 1997, pp. 43-58. cfr. p. p. Donati, Introduzione alla sociologia relazionale, Milano, Franco angeli, 1988 ; M. Greengrass, Functions and Limits of Political Clientelism in France before Cardinal Richelieu, in L’état ou le roi. Les fondations de la modernité monarchique en France (xive-xviie siècles), paris, Éditions de la Maison des sciences de l’homme, 1996, pp. 69-82. 201 le pratiche endogamiche creano di solito sistemi di solidarietà più limitati e esclusivi a detrimento del gruppo intero, mentre quelle esogamiche delineano una politica matrimoniale più aperta e quindi soggetta a cambiamenti clientelari più frequenti. Vedi J. Casey, La famiglia nella storia, roma-bari, laterza, 1991, p. 86. 202 la deinizione di a. Sagredo, Storia civile e politica, in Venezia e le sue lagune, vol. i, Venezia, Stabilimento antonelli, 1847, pp. 111-114, della prima delle tre classi del patriziato è di un gruppo di ricchezze « consolidate nei ideicommessi e principalmente nelle primogeniture », che pratica una strategia matrimoniale endogamica, avendo così accesso continuo alle cariche più inluenti. cfr. Del Negro, La distribuzione del potere, cit., p. 317 : « un corpo aristocratico strutturato in base alle ricchezze delle case e destinato, principalmente a causa delle strategie matrimoniali illustrate da Sagredo, a conoscere una moderata mobilità al proprio interno ». 203 a questo proposito vedi Hunecke, Il patriziato veneziano, cit., p. 191, e Cowan, Rich and Poor, cit., pp. 151-152. 314 dorit raines in questo ambiente chiuso, autentico ecosistema socio-politico, dove ogni ramo era politicamente schedato a seconda della ricchezza, delle alleanze matrimoniali, della parentela e della cerchia clientelare, irrompe dunque una nuova variabile. Mentre prima dell’aggregazione le nuove famiglie potevano avere inluenza indiretta sulla politica, la recente mobilità sociale loro permetteva adesso di contare direttamente nel gioco di potere. per capire le implicazioni dell’ammissione delle nuove famiglie e il peso delle conseguenti alleanze matrimoniali nel gioco politico veneziano, bisognerebbe esaminare le loro strategie clientelari espresse nelle elezioni alle magistrature. il campione proposto qui è relativo agli anni 1670-1674, anni cruciali da questo punto di vista : è il periodo del dopo guerra quando il vecchio patriziato iniziò a prendere atto del cambiamento del clima politico e della dimensione della penetrazione dei nuovi arrivati nella complessa rete clientelare. la persona che meglio esprimeva durante la procedura delle elezioni il legame tra parentela e clientela era il pieggio, e cioè colui che designava un nome all’interno della commissione che doveva scegliere un unico candidato per sottoporlo al vaglio del Maggior consiglio. era l’unico momento nel quale un patrizio usciva allo scoperto, esprimendo le sue aderenze politiche. di conseguenza, il pieggio era al centro di scambi di favori elettorali. per poter ricambiare il favore, il suo nome fu sempre annotato sui ‘consegi’, quelli fogli contenenti i risultati delle ballottazioni, distribuiti ai patrizi al termine della sessione per calcolare le prossime mosse delle lobbies votanti. 204 l’esame delle votazioni al Maggior consiglio negli anni 1670-1674 m.v. rivela un’intensa attività dei nuovi aggregati, soprattutto per quanto riguarda le magistrature minori, e cioè quelle che non aprono la strada al Senato. Membri di famiglie come labia, Minelli, pasta, ghedini, rubini, laghi, tasca, Widmann, bressa, zolio, Flangini, antelmi sono presenti dal 1670 in poi in modo costante come pieggi. 205 diversa è la situazione delle elezioni ai reggimenti e alle alte cariche dello Stato nominate dal Maggior consiglio (pregadi, avogadori di comun, censori, consiglio dei X, consiglieri, dieci Savi alla mercanzia, ecc.). È più diYcile trovare un pieggio dei ranghi di nuovi arrivati, ma coloro che hanno potuto svolgere questo compito, forniscono preziose informazioni sullo scambio dei favori tra vecchi e nuovi. essendo i meccanismi relativi alle procedure delle elezioni alle magistrature conosciuti, perché molto espliciti nei decreti promulgati da tempo da diversi consigli, e quindi apparentemente a prova di frode, 206 non esisteva un modo di ‘pillottare’ l’identità del pieggio, la cui designazione attraverso l’estrazione delle balle d’oro era casuale. 207 Si potrebbero ipotizzare casi in cui era suggerito di non presentarsi 204 d. Raines, OYce Seeking, broglio, and the Pocket Political Guidebooks in cinquecento and Seicento Venice, « Studi Veneziani », n.s., xxii, 1991, pp. 151-156 ; g. Netto, Appunti su una singolare fonte veneziana : I “Consegieti”, « archivio Veneto », v s., 179, 1995, pp. 127-144. 205 basti scorrere i dati relativi a marzo 1670 per costatare questa intensa attività : bnm : cod. Marc. it. vii, 848 (8927), cc. 1-7. cfr. la rabbia espressa dall’autore anonimo dello scritto ‘anti-mito’ « distinzioni segrete che corrono tra le casate nobili di Venezia » riguardo al ruolo dei nuovi aggregati nelle elezioni alle magistrature minori : « nelle ballottazioni delle Quarantie questi nuovi superano i più provetti, mentre i grandi concorrono più facilmente ne’ nuovi, perché gli stimano loro creature » : bnm : cod. Marc. it. vii, 1531 (7638), fasc. iv, c. n.n. 206 le procedure fraudolenti sono state ampiamente documentate da d. e. Queller, The Venetian Patriciate. Reality versus Myth, Urbana et chicago, University of illinois press, 1986, pp. 85-112 ; Finlay, Politics in Renaissance Venice, cit., pp. 196-216. 207 ecco una testimonianza preziosa a proposito della famiglia tasca : « et successe, ch’un giorno doppo la loro elettione essendo a’ conseglio S. andrea andò in elettion, et piezò S. Marco balbi proveditor de comun, e rimase » : bnm : cod. Marc. it. vii, 579 (8312), c. 118v. strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 315 alle elezioni di importanti cariche, in cambio di altri favori, ma non poteva trattarsi di una pratica diVusa. ciononostante, i nuovi arrivati riuscirono in quattro anni a designare i loro candidati in 59 casi. Si tratta di un numero complessivo di trentadue famiglie, e cioè del 42% delle famiglie aggregate. 208 nel 1670 209 si contano 18 pieggi ‘nuovi’, nel 1671-11, nel 1672-9, nel 1673-6, e nel 1674-14. Sembra che negli anni 1672-1673 il vecchio patriziato abbia preso atto della profonda penetrazione degli aggregati nel gioco politico a seguito dei matrimoni contratti in allora (sette nel 1670-1671), e cercato di frenare la loro partecipazione, almeno per la sua parte palese, nella costituzione delle lobbies. Ma poi una nuova ondata di matrimoni contratti nel 1673 e 1674 cambiò di nuovo le regole del gioco (dopo un minimo di quattro matrimoni nel 1672, nel 1673 furono celebrati sei matrimoni e nel 1674-tre). le famiglie scelsero di entrare nel gioco politico di alto livello come parte di una squadra inalizzata a tradurre il loro potere nell’assunzione delle alte cariche dello Stato, e nella retribuzione dei ‘piccoli giocatori’ in magistrature stipendiate. percorrendo i nomi delle famiglie aggregate che tentarono l’elezione si riscontra una concordanza tra i loro tentativi di essere eletti e il ruolo di pieggi : ottoboni, Vianol, donini, zaguri, rubini, piovene, tasca, Farsetti furono protagonisti in questi anni di tentativi ricorrenti per essere eletti. altre famiglie come lombria, i cui membri si presentarono ben sette volte come pieggi negli anni 1670-1674, 210 riuscirono ad appartenere alla fazione dei ‘grandi’ come Mocenigo di S. Samuele, Foscarini ai Carmini e Valier di S. zan degolà. Mentre i bergonzi e i correggio usarono ciascuna questa prerogativa per quattro volte e si rivelavano essere i rappresentanti al livello più basso di una lobby imponente attraverso alleanze matrimoniali con vecchie e nuove famiglie. 211 tuttavia, le famiglie aggregate si inserirono nel gioco politico, mantenendo ancora le vecchie solidarietà sociali : le famiglie cancelleresche da una parte, le bergamasche da un’altra. inoltre le alleanze matrimoniali contratte dalle famiglie della terza classe con i nuovi aggregati, cominciarono a dare i loro frutti. Famiglie come diedo di S. Fosca, Moro di S. trovaso, emo, contarini di S. Marcilian, bragadin di S. cassan, contarini dei Ss. giovanni e paolo, giustinian di S. pantalon, grimani di S. girolamo, videro i loro membri designati direttamente dai nuovi aggregati per cariche di prestigio. 212 gli anni settanta e ottanta videro l’intensiicarsi di comportamenti clientelari all’interno del patriziato e un ruolo sociale e politico crescente dei nuovi arrivati. il meccanismo delle aggregazioni era ormai a parere di molti un sistema collaudato di consolidamento di fortune e di potere. però, per capire perché mentre le aggregazioni di candia avevano suscitato tanto clamore e tanto sdegno nel patriziato, quelle che si svolsero durante la campagna militare nella Morea, non furono mai oggetto di forti contestazioni da parte della classe dirigente lagunare, bisognerebbe 208 le famiglie sono : correggio, laghi, Van axel, cassetti, MaVetti, zolio, nave, lombria, rubini, bergonzi, Verdizzotti-donini, albrizzi, ghedini, gambara, dolce, Widmann, tasca, bonfadini, cavazza, bonlini, angaran, lazari, zacco, Vianol, zaguri, Farsetti, berlendis, ottoboni, pasta, piovene, beregan, zenobio. 209 il conteggio si basa sull’anno veneziano che va dall’inizio di marzo alla ine di febbraio dell’anno che segue. 210 per i lombria si tratta dei Salamon ponte dell’avogaria (v classe), dei Minotto ai Servi (iv classe), dei zen (iii classe) e delle nuove famiglie ottoboni, Medici, rubini e angaran. 211 i bergonzi avevano come referenti i grimani di S. girolamo (iii classe), donà di S. Stin (ii classe), diedo di S. Fosca (iii classe) Moro di S. trovaso (iii classe) e trevisan (iv classe). i correggio facevano parte di una lobby con lorenzo tiepolo q. Marco, il bailo giacomo Querini, i balbi di campo rusolo (iii classe), i bernardo (iii classe), i zustinian di S. barnabà (iii classe), i Molin alla Maddalena (iii classe), oltre alle nuove famiglie di cassetti, MaVetti, 212 i dati sono presi da bnm : cod. Marc. it. vii, 848 (8927), cc. 1-292. dolce, tasca. 316 dorit raines dare un rapido sguardo al ruolo demograico avuto dalle aggregazioni dal 1646 al 1684. Un bilancio demograico del patriziato, ovvero dei partecipanti al Maggior consiglio nel 1683, un anno prima dell’inizio delle aggregazioni dette ‘della guerra di Morea’, potrebbe aiutarci a capire le conseguenze demograiche dell’inserimento delle 75 famiglie aggregate tra 1646 e 1669. la maggior parte delle nuove famiglie contava 2-3 maschi oltre 25 anni d’età al momento dell’aggregazione. complessivamente furono aggregati al patriziato 216 persone. 213 Undici famiglie si estinsero ancora prima del 1683, 214 e tra decessi dei membri anziani e l’ingresso dei giovani, le famiglie aggregate erano presenti in Maggior consiglio nel 1683 con ca. 170 persone. al momento della presentazione della mozione per aggregare nuove famiglie nel Maggior consiglio il 28 gennaio 1685, si contavano ca. 1.580 persone aventi diritto al voto. 215 gli aggregati della passata aggregazione, quella di candia, contavano allora il 10,75% dell’insieme dei membri del Maggior consiglio aventi diritti al voto. 216 inoltre, c’è da chiedersi, se la percentuale della presenza degli aggregati non era ancora più elevata al momento del voto, visto che non tutti i patrizi potevano essere presenti. infatti, come già dimostrato da todesco nella sua indagine sull’andamento demograico del patriziato veneziano, un cospicuo numero di patrizi si trovava fuori di Venezia per motivi personali o professionali, avendo incarichi come rappresentanti della Serenissima nei suoi vari assetti territoriali o posti di commando nella marina militare. 217 calcolando il numero delle presenze dei patrizi nelle votazioni importanti come le elezioni dei procuratori di S. Marco nella seconda metà del Seicento e le votazioni sulle aggregazioni, si arriva a una media di 750 patrizi per sessione. 218 Siccome i membri delle famiglie aggregate nel periodo 1646-1669 non assumevano ancora cariche fuori città, 219 e aggiungendo anche 100 cretesi tornati e integrati nei ranghi nobiliari, 220 si può presumere che la loro presenza alle votazioni fosse assai numerosa. Quindi se calcoliamo che 150 di loro erano presenti nel 1685 al momento della votazioni delle 213 dati calcolati sulla base delle liste fornite nel « libro d’oro » nel bnm : cod. Marc. it. vii, 1260 (7538), e le suppliche degli aggregati nel bnm : cod. Marc. it. vii, 947 (7429). 214 Martinelli, 1646-estinta prima del 1666 ; belloni, 1646-estinta tra 1655 e 1666 ; Ferramosca, 1648-estinta tra 1666 e 1683 ; Maccarelli, 1648-estinta tra 1666 e 1683 ; zacco, 1653-estinta tra 1666 e 1683 ; lucca, 1654-estinta tra 1666 e 1683 ; ariberti, 1655-estinta prima del 1666 ; ravagnani, 1657-estinta tra 1666 e 1683 ; giupponi, 1660-estinta tra 1666 e 1683 ; lazari, 1660-estinta tra 1666 e 1683 ; polo, 1663-estinta tra 1666 e 1683. Vedi bnm : cod. Marc. it. vii, 1259 (7537), bnm : cod. Marc. it. vii, 1260 (7538), e bnm : cod. Marc. it. vii, 2042 (8705). cfr. Georgelin, Venise au siècle des lumières, cit., p. 621, l’ambasciatore francese segnala nel 1680 : « sur les 70 familles anoblies pendant la guerre de crète, il y a déjà 6 éteintes et 4 sur le point de l’être. on songe à faire 10 nouvelles familles nobles », ciò che conferma i nostri calcoli. Cowan, New Families, cit., p. 65 calcola sulla base del mcc : Cod. P. D. B 5, che verso il 1718, dodici famiglie aggregate erano già estinte. Secondo la mia recente indagine oltre alle undici famiglie sopraelencate, estinte già prima del 1683, altre dieci famiglie sono estinte prima del 1718 : correggio, 1646-estinta tra 1717 e 1719 ; Fonseca, 1664-1713 ; ghedini, 1667-1713 ; Medici, 1652-1701 ; nave, 1653- estinta tra 1666 e 1698 ; ottoboni, 1646-bandita nel 1709 ; reccanati, 1697-estinta tra 1709 e 1712 ; polvaro, 1662-estinta tra 1709 e 1712 ; Surian, 1647-1701 ; zon, 1651-estinta tra 1683 e 1693 (Raines, Cooptazione, cit., pp. 55-63). in tutto quindi, abbiamo ventuno famiglie estinte tra il 1646 e il 1718. 215 Se calcoliamo che nel 1686 (subito dopo l’inizio della seconda aggregazione, quella della Morea) il Maggior consiglio conta 1.605 membri di cui 36 nuovi aggregati. Vedi Davis, The Decline, cit., p. 137 per la stima del numero complessivo dei patrizi nel 1685 e bnm : cod. Marc. it. vii, 947 (7429) per il numero degli aggregati nel 1685. 216 cfr. i calcoli di Cowan, New Families, cit., p. 65, molti simili ai nostri, anche se basati su altre fonti. 217 Todesco, Andamento demograico, cit., p. 123. Vedi inoltre Georgelin, Venise au siècle des lumières, cit., p. 925, nota 22, che menziona 752 cariche governative nel 1635 secondo mcc : Cod. P. D. A 4, c. 74. 218 il calcolo è fatto sulla base dei dati forniti da Todesco, Andamento demograico, cit., pp. 158-160 e le votazioni sulle aggregazioni fornite nel bnm : cod. Marc. it. vii, 947 (7429). 219 Sabbadini, L’acquisto della tradizione, cit., pp. 68-69. 220 Relazione sulla organizzazione, cit., p. 44. strategie d ’ ascesa sociale e giochi di potere a venezia 317 prime famiglie aggregate nel 1685, la loro voce in merito sarebbe in media di 25% dell’insieme dei votanti. 221 abbiamo allora già identiicato un gruppo nutrito di persone che per la loro recente aggregazione (a seguito della guerra di candia), poteva agire secondo un istinto di distinzione e sopravvivenza economica, professionale e sociale, e votare contro i nuovi arrivati ‘della guerra di Morea’. tale gruppo era tuttavia socialmente molto eterogeneo. le recenti alleanze matrimoniali con le vecchie famiglie patrizie, i legami clientelari formatisi e le nuove fazioni, avevano trasformato il panorama politico veneziano. nuove potenti lobbies erano comparse con nuovi obiettivi e propri candidati. non c’è da meravigliarsi quindi se l’aggregazione iniziata nel 1685 era passata quasi in sordina. Se torniamo ai problemi strutturali del patriziato veneziano alla vigilia della guerra di candia, analizzati da davis, si può costatare che nonostante le esternazioni patrizie circa la decadenza dei costumi causata dai nuovi arrivati, l’aggregazione aveva complessivamente migliorato (anche se temporaneamente) la situazione. Una somma notevole di denaro era conluita nelle tasche della middle class patrizia, permettendole di assumere le cariche onerose come i reggimenti. dall’artrosi sociale e politica anteriore al 1646, dovuta ai costumi endogamici del patriziato e all’irrigidimento del gioco politico, si passò a una maggior lessibilità nei rapporti tra rami, e a più frequenti scambi di alleanze politiche. la situazione demograica degli aventi diritto di partecipare alle sedute del Maggior consiglio migliorò sensibilmente. coloro che avrebbero accettato le nuove regole del gioco, direttamente (la terza classe) o manipolando i loro clienti, ne uscirono vincitori. persero coloro che non potevano far valere i loro diritti. l’endemica polarizzazione socio-economica del patriziato sembrava colpire al momento solo i poveri della quinta classe, già economicamente distante dagli altri gruppi e fortemente dipendente dalle cariche stipendiate. le altri classi dell’élite dirigente veneziana contavano trarre ulteriori beneici da una nuova imminente aggregazione. poco importava ormai se famiglie di più bassa estrazione avrebbero fatto il loro ingresso. i ‘grandi’ tenevano il potere nelle loro mani, aprendo la strada alla ‘repubblica aristocratica’ settecentesca, che socialmente e politicamente viaggiava a due velocità. Sarà lodovico Flangini, un patrizio discendente da una famiglia aggregata durante la guerra di candia, che nel 1774 esporrà lucidamente la gravissima situazione alla nobiltà lagunare nel corso di un dibatitto su un’eventuale nuova aggregazione. davanti al pericolo incombente di una spaccatura tra Venezia e i suoi territori di terraferma, Flangini tentò di convincere i suoi colleghi : « la piazza assediata è la repubblica. il nemico che la oppunge è il tempo. il soccorso esibito è l’aggregazione proposta ». 222 il patriziato scelse di ignorare queste parole. non aveva imparato la lezione delle aggregazioni delle guerre di candia e di Morea. 221 Ma se guardiamo da vicino le cifre per le prime quattro famiglie aggregate, la percentuale si presenta più bassa per l’altissima presenza dei patrizi al momento del voto : bettoni-15% ; persico-17% ; zambelli-17% ; e lini-18%. 222 d. Raines, Il doge e la caduta della Repubblica. Amor patrio, dovere cittadino e “preservazione dello Stato”, in Al servizio dell’“amatissima patria”, cit., pp. 193-195. Amministrazione e abbonamenti : Accademia editoriale, S.r.l. Casella postale n. 1 Succursale n. 8 i 56123 Pisa Uici di Pisa : via Santa Bibbiana 28 i 56127 Pisa Tel. +39 050 542332, telefax +39 050 574888 E-mail : accademiaeditoriale@accademiaeditoriale.it Uici di Roma : via Ruggiero Bonghi 11/b i 00184 Roma Tel. +39 06 70452494, telefax +39 06 70476605 E-mail : accademiaeditorialeroma@accademiaeditoriale.it www.libraweb.net * La casa editrice garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne la rettiica o la cancellazione previa comunicazione alla medesima. Le informazioni custodite dalla casa editrice verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati nuove proposte (D. 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Sgritta, Mitologie d’infanzia Cléopâtre Montandon, Les pratiques éducatives parentales et le point de vue des enfantes Egle Becchi, Bambini illustrati e il loro pubblico Jens Qvortrup, Il lavoro dei bambini Cinzia Conti, Bambini nella metropoli : la città straniera e la città degli stranieri 15 17 31 51 61 71 89 101 117 studi Jean-Claude Hocquet, Le crédit dans l’économie du sel à Venise à la in du Moyen Âge : crédit à la consommation, investissement et crédit public Alberto Spinazzi, Libertà di culto e architettura nella Scuola Grande di S. Giovanni Evangelista : scontro fra poteri a Venezia alla ine del Quattrocento Emmanuelle Pujeau, La Préveza (1538) entre idéologie et histoire Aldo Stella, Lepanto nella storia e nella storiograia alla luce di nuovi documenti Dorit Raines, Strategie d’ascesa sociale e giochi di potere a Venezia nel Seicento : le agregazioni alla nobiltà Thomas Freller, The fall of Candia and the ‘Padre Ottomano’. 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