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In viaggio fra le eccellenze italiane
Novedrate Un visionario ha cambiato l’anima dell’arredamento
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Novedrate Un visionario ha cambiato l’anima dell’arredamento
Novedrate Un visionario ha cambiato l’anima dell’arredamento
Novedrate Un visionario ha cambiato l’anima dell’arredamento

Novedrate. Un visionario ha cambiato l’anima dell’arredamento

di Enrico Mannucci

Sfogliare queste pagine può diventare un gioco (per i profani, naturalmente, per gli addetti ai lavori è un riassunto di cose note): per voi – intesi come profani, al pari di chi scrive – il regolamento del gioco consiste nell’accoppiare i mobili riprodotti dalle fotografie con le stagioni della vostra vita. Perché è quasi impossibile che nelle case che avete abitato non sia comparso, prima o poi, un divano, una poltrona, una libreria firmata B&B Italia. E, se anche non fosse successo, di sicuro avrete incrociato qualcuno di questi esemplari a casa di amici. Dove l’avrete sperimentato e, magari, invidiato. Un ragionevole moto dell’animo, dal momento che sotto quel marchio è passata una rivoluzione sostanziale nel mondo dell’arredamento. E anche una specie di tradimento – benevolo e proficuo, sia chiaro – alla solida tradizione brianzola di mobilieri capaci di ogni magia lavorando il legno.

Col legno, comunque, comincia Pier Ambrogio Busnelli, nato a Meda nel 1926, settimo degli otto figli di Giuseppe, tranviere che fa su e giù lungo la linea Monza-Seregno. Il ragazzino conosce presto le durezze della vita. Studiando dai frati, a Saronno, arriva alla quinta elementare, appena adolescente fa l’apprendista in una tipografia dove, presto, non si trova bene col padrone. Nell’ultimo periodo della guerra, evita la chiamata sotto le armi della Repubblica Sociale perché, con un fratello già caduto nel conflitto e un altro gravemente malato, è l’unico sostegno economico alla famiglia. Che aiuta impegnandosi in quell’economia del baratto che dà da vivere nei tempi più duri: in bici, di notte, pedala fino a Gaggiano in cerca di quel po’ di riso con cui tirare avanti.

In realtà, gli resterà un ricordo più vivo di quel periodo e corrisponde a una perenne rivalità fra cittadine brianzole: risale a quando gli capita di esser fregato in uno scambio con dei seregnaschi (ovvero, gente di Seregno) che gli rifilano per saponette delle inutili palle di segatura.

In chiave con le tradizioni locali, nel dopoguerra, i fratelli maggiori mettono su una falegnameria artigianale che fabbrica sedie e divanetti. Comincia lì il tirocinio del settore. È un semplice tuttofare ma, evidentemente, non si accontenta. Nel 1952, si è già sganciato. Apre un laboratorio – uno stanzino o poco più – a due passi da casa, a Meda, in via Cialdini 83, e lì comincia a fare poltrone. Il fatto che non si accontenti (che sia un “visionario”, come più tardi verrà definito) s’intuisce fin dal debutto. Mira alto: la prima poltrona firmata Busnelli di cui resta traccia è una reinterpretazione (con lo schienale leggermente più alto) della “Lady”, presentata nel 1949 da uno dei padri del design nazionale, Marco Zanuso.

L’incontro decisivo. Il rapporto coi fratelli è ondivago. Nel ’54 si riavvicina a Franco: «Io ho già otto persone, vuoi venire a lavorare con me?», gli dice. Nasce così la FB fu G (ossia Fratelli Busnelli fu Giuseppe). Andrà avanti per un decennio finché i due entrano in contrasto: «Mio padre dovette abbandonare la FB fu G, e si stabilì in quello che ormai era conosciuto come “polo” di Meda», ricorda Giorgio Busnelli, classe 1952, oggi AD di B&B Italia.

È il 1965, e ora la vena “visionaria” di Pierino – come lo chiameranno tutti, sempre – comincia a farsi valere. A Londra, mentre visita una fiera, scopre uno stand che espone dei curiosi paperotti. Meglio, espone una macchina che permette di produrre in qualunque forma quegli animali-giocattolo grazie alla reazione fra due componenti: isocianato e poliolo. Senza addentrarsi nel campo della chimica, si tratta, in sostanza, di ottenere un poliuretano. Che risulta assai versatile e malleabile. L’idea di Pierino è impiegare quella sostanza per le armature dei mobili. Lì dove, allora, viene usato il legno. Non è una cosa semplice. Una, fra le leggende aziendali, racconta di Pierino che riparte da Londra portando due latte riempite coi due componenti. E di un fallimentare esperimento domestico di mixaggio. Di sicuro, ci sono vari tentativi. La Bayer – l’industria chimica tedesca padrona di questi processi – non lo riceve. Affidarsi alle spiegazioni teoriche del procedimento, anche quello, non approda a nulla. Eppure, alla fine, è sempre la Bayer a offrire la soluzione. Non dai vertici, però: da un rappresentante torinese che Pierino riesce a coinvolgere nei suoi progetti. Ci si dedicano assieme: test e analisi danno la convinzione che la cosa sia fattibile. E funzionale.

Il poliuretano espanso offre chiaramente molti vantaggi: relativo ingombro dei magazzini (il composto aumenta di volume 40 volte), grande duttilità nella lavorazione e maggior durata.

Si potrebbe dire che, in questo caso, il prodotto nasca prima dell’azienda che lo realizzerà. Infatti c’è bisogno di un altro incontro, nel 1966, per arrivare alla fase operativa. È quello con Cesare Cassina, a capo di un’azienda già con una quarantina d’anni di storia (per una curiosa coincidenza, poi, il primo vero stabilimento Cassina nacque in via Busnelli a Meda) e in ottimi rapporti coi maggiori designer dell’epoca. I due s’intendono velocemente. «Punta sul poliuretano? », chiede Cesare. «Si, ma voglio fare un’industria, non l’artigiano», risponde Pierino. Il primo, con le sue relazioni in campo architettonico, offre le forme, il secondo è padrone ormai della tecnologia e, comunque, mette una condizione: «Nessun maestro tappezziere che pensi di sapere come si fa una poltrona, perché qui si tratta di farle in modo diverso». Con la nuova tecnica del poliuretano iniettato in stampi, niente più legno, ora via con armature metalliche e «schiuma», a creare forme altrimenti impossibili. Sempre nel “polo” di Meda, zona sud, nasce la C&B e, nel giro di tre anni, diviene la più grande azienda italiana del settore.

Nascono pezzi che segnano la storia dell’arredamento moderno. Il primo a garantire anche un forte ritorno economico è il divano Coronado di Afra e Tobia Scarpa (subito, nel 1966). Arriveranno, poi, Lombrico di Marco Zanuso, l’anno successivo, e, nel ’72, Le Bambole, creazione di Mario Bellini accompagnata da una “scandalosa” campagna pubblicitaria di Oliviero Toscani: le immagini presentano una top model dell’epoca, Donna Jordan, a seno nudo e la cosa turberà assai gli organizzatori del Salone del Mobile che chiederanno la censura dei poster esposti. Ci saranno tante altre tappe vittoriose, avvicinandosi ai giorni nostri (Charles, un sistema di sedute di Antonio Citterio, del ’97, oppure la libreria Shelf X di Naoto Fukasawa, nel 2005, e Bend-Sofa di Patricia Urquiola, nel 2010, solo per fare qualche esempio), con la conquista di molti Compassi d’Oro (dopo Le Bambole, nel ‘79, l’armadio Sisamo, design Studio Kairos, nell’84, e Sity di Citterio, tre anni dopo, mentre è la stessa azienda a riceverlo nell’89 con un inedito assoluto nella storia del premio) ma qui ci si limita alle “fasi eroiche” del design e della nostra industria.

Cambio generazionale. Intanto, i caratteri umani dei due protagonisti l’avranno vinta, nel ’73, sui successi culturali e imprenditoriali. Quell’anno Busnelli e Cassina decidono di separarsi. Il primo dà vita alla B&B Italia e, con alcuni degli storici collaboratori, crea un nuovo Centro Ricerche e Sviluppo.

Per scherzo ma non troppo, Pierino amerà ripetere che la prima “B” stava per “banche”, quelle a cui si era dovuto rivolgere per sostenere la nuova impresa.
È l’anno, anche, in cui si avvia il passaggio generazionale: «Io entrai in azienda allora. I miei fratelli, Giancarlo ed Emanuele, rispettivamente nel ’76 e nel ’91. E, nel 2005, è toccato a mio figlio Massimiliano, classe 1977», rievoca Giorgio. Che prenderà le redini nel ’91 e guiderà la fase d’internazionalizzazione di B&B Italia: «Era appena stata siglata una joint venture con Costa Crociere per l’arredo delle navi e mio padre decise di occuparsene. A me venne affidata la parte tradizionale del business. Del resto, papà doveva sempre provare qualcosa di nuovo. È sempre stato unico, diverso da tutti, sul lavoro ma anche a caccia o a tavola».

Un dna mirato all’innovazione e all’internazionalizzazione che non ha mutato fisionomia ora che la maggioranza del gruppo fa capo a Investindustrial. E che può contare anche su un’immagine concreta, architettonica, delle sedi in cui B&B è cresciuta. Una storia nella storia. Iniziata nel ’68, coi primi 20 ettari acquistati a Novedrate (nell’area dove poi la ditta si è espansa) e coi primi 9000 metri quadri di capannone progettato da Afra e Tobia Scarpa. Proseguita col progetto di un nuovo edificio affidato a Renzo Piano e Richard Rogers. In qualche modo, un’anticipazione del Beaubourg: «Pierino mi cercò intorno al 1970, o forse era il 1971», scrive Piano nel volume celebrativo (vedi box) introducendo il racconto di quest’avventura. Continuato – e completato, finora – nel 2002, con un terzo edificio – “la macchina del pensiero”, viene identificato così – ideato da Citterio e Patricia Viel.

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© RIPRODUZIONE RISERVATA
Enrico Mannucci
In collaborazione con SIEMENS
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